TUTTO ESAURITO PER “NUNZIO” ALLA LAUDAMO (FOTOGALLERY)

Mentre Vincenzo Tripodo, Dario Tomasello e Gigi Spedale introducono la rassegna, il suono di un metronomo va già avanti a segnare il tempo dello spazio teatrale, ad annunciare da lontano un rito che si celebra dopo quasi vent’anni dal debutto: la messa in scena di “Nunzio”, della compagnia Scimone-Sframeli, di nuovo a Messina come capofila di otto spettacoli per “La prima volta” alla sala Laudamo.

Il cero rosso acceso sul frigo è lo stesso del ’94, Francesco Sframeli forse non ha mai smesso di tossire – in effetti è proprio così che comincia lo spettacolo, e finalmente l’invocazione (o invettiva?) al Cuore di Gesù, rivolta all’immagine poggiata accanto al lumino votivo, spezza il battere del tempo e spiana la via alla parola detta.

“Nunzio” è un atto unico per due interpreti in cui i personaggi, Nunzio e Pino (Sframeli e Scimone), lasciano che l’azione si svolga delineando per gradi i caratteri di queste due figure incastrate sul palco: il primo, fa l’operaio in una fabbrica e prende pillole di continuo nell’ illusione che lo facciano realmente star meglio; il secondo invece, di professione – non dichiarata – fa il sicario, e misteriosamente cambia discorso ogni volta che si accenna ai suoi affari.

I due amici, in apparenza opposti ma infine complementari, si incontrano in cucina, nella cerimonia della quotidianità piccola, seduti a tavola per prendere ‘na schizza i cafè all’unisono, per cenare con un piatto di pasta, o semplicemente per parlare, senza dire quello che avrebbero da dirsi in realtà, in un dialogo serrato, spesso mozzato, dove i silenzi parlano più di un idioma vivo e presente, il dialetto strettamente messinese: una lingua moderna perché modellata sui corpi degli attori e tagliata per la scena dalla penna dell’autore e dalla sapiente mano registica di Carlo Cecchi.

Questa lingua recitata è una festa del ritmo, un canto in levare dentro i corpi degli attori in scena, e possiede l’incedere siculo-beckettiano, in definitiva scimoniano, di chi risponde a una domanda con un’altra domanda.

Il vernacolo di Messina viene riproposto da Spiro Scimone in “Bar”, ma il resto dei suoi lavori è tutto in italiano, con uno stile forte e riconoscibile esportato nel mondo.

“La prima volta” è una rassegna di drammaturgia contemporanea che mostra il primo passo di otto attori-autori del meridione d’Italia, se è vero che “people from the South do it better”.
Nasce da un progetto dell’associazione culturale Querelle – nella persona del suo presidente, il regista Vincenzo Tripodo – di Dario Tomasello, docente universitario e consulente di rassegne teatrali (“Paradosso sull’autore” docet), di Gigi Spedale, produttore e organizzatore teatrale e cinematografico: “Il pienone di stasera – dalle parole di Spedale – dimostra quanto sia essenziale il teatro nella cultura e nella vita cittadina. Ma il problema è che non ci sono gli spazi per farlo, li abbiamo chiesti in passato, li chiediamo ancora, ma i costi sono insostenibili”.

Nella galleria di foto scattate da Serena Capparelli, l’incontro con la compagnia poche ore prima del debutto, frammenti dello spettacolo e momenti conviviali a fine serata. (NUNZIA LO PRESTI)

FOTO SERENA CAPPARELLI

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