MONTANARI, GRILLO E IL MICROSCOPIO DELLA DISCORDIA: MA I METALLI PESANTI NEL CIBO CI SONO?

Unica certezza relativa alla questione “Grillo e il microscopio” è che bisogna fare molta attenzione quando si passa sotto i metal detector anche se non siete armati, perché potrebbero dare l’allarme. Calato l’imbarazzo, vi controllerete, vi palperete, e scoprirete che non era la fibbia della cintura, non erano le chiavi, non era la zip, erano i frollini. Quelli che ti cambiano la giornata da così a colì, fatti di pasta frolla e particelle di metalli pesanti.

Il merito di aver scoperto la presenza di tracce di metallo nei cibi va a due ricercatori modenesi: Stefano Montanari e Antonietta Gatti, esperti in nanoparticelle e nanopatologie.
Ma c’è anche un demerito: la verità, assoluta o relativa che sia, va cercata percorrendo una sola via, ché altrimenti il rischio è di perdersi.
E così è stato per i due ricercatori, che avrebbero fatto meglio a mantenersi sulla retta via della scienza, senza incamminarsi mai nel viale della politica.
La scoperta della presenza in alcuni prodotti alimentari di particelle di metalli pesanti, altamente cancerogene, causata dal fumo dei termovalorizzatori, cioè degli inceneritori di rifiuti, risale al 2003. Tuttavia, inizia ad avere risonanza mediatica solo a partire dal 2006, anno in cui i due scienziati accusano di esser stati “scippati” ad opera dell’Università di Modena, del microscopio di cui usufruivano nelle loro ricerche, ed anno in cui Beppe Grillo lanciò, tramite il suo blog, una sottoscrizione per l’acquisto di un altro microscopio a scansione ambientale, necessario per la prosecuzione della ricerca sulle nanopatologie condotta da Montanari.
Da questo momento in poi i due iniziano un percorso comune: Grillo si fa promotore della ricerca a 360º, invita ai suoi spettacoli/comizi il ricercatore modenese, gli crea un’immagine popolare.
L’obiettivo che sembrava accomunasse i due era proprio l’acquisto del microscopio a scansione ambientale e quindi di raccogliere i soldi necessari: 378,000 euro.
La raccolta fondi avviene tramite l’associazione “Carlo Bortolani onlus”, che ad acquisto effettuato sarebbe divenuta proprietaria legittima del microscopio ESEM.
È la stessa onlus, una volta conclusa la raccolta fondi, a scrivere sul proprio omonimo sito:
“Carissimi, la raccolta fondi è terminata!!!
Dopo dodici mesi l’avventura è finita e ora gli scienziati Dott.ssa Antonietta Gatti e Dott. Stefano Montanari potranno finalmente proseguire le loro ricerche grazie al microscopio che tutti voi avete comprato attraverso le vostre offerte. Inizia quindi la nuova avventura di una libera ricerca che porteranno avanti Antonietta e Stefano. Avverrà grazie a tutti voi, ma in particolare a Beppe Grillo.
Un immenso grazie a Beppe Grillo!
Se non ci fosse stato lui a promuovere la campagna e a sostenerla, oggi non saremmo certo qui a festeggiare […]”.
Peccato che l’avventura non sia terminata con l’acquisto del microscopio, un’allegra pacca sulla spalla ed una foto-ricordo: nel gennaio 2010 il tanto agognato microscopio viene donato dalla onlus Bortolani all’Università di Urbino, perché a quanto pare, non veniva impiegato nelle tanto ostentate ricerche no profit, ma veniva utilizzato a scopo di lucro (analisi a pagamento) presso la Nanodiagnostic srl di Montanari.
Beppe Grillo e il ricercatore smettono di essere due cuori e un microscopio ed interrompono ogni rapporto, dando vita ad una vicenda tutta italiana, i cui protagonisti non sono i donatori contribuenti all’acquisto del secondo microscopio, né la ricerca in sé, ma le dichiarazioni e le smentite di Stefano Montanari e della onlus Bortolani, mentre Grillo fino ad ora ha rinunciato a pronunciarsi in merito.
Montanari, nelle varie interviste rilasciate (reperibili in rete, ndr) accusa Grillo di essersi spacciato per un mecenate d’altri tempi nei suoi confronti, di aver sfruttato la “nano-ricerca” come cavallo di battaglia dei suoi comizi, di essere un venditore da fiera, la versione barbuta di Vanna Marchi che può fare audience solo fra i creduloni. Ed accusa la onlus, nella persona di Marina Bortolani, di aver distratto i fondi, di non aver mai avuto un comportamento trasparente con riguardo ai soldi che confluivano nei conti bancari della medesima.
L’associazione Bortolani invece, scrive sul proprio sito: “la storia del microscopio Grillo ci ha costretti ad affidare l’evolversi della vicenda ad un legale a seguito delle ripetute bugie, ingiurie e diffamazioni commesse dal sig. Stefano Montanari nei nostri confronti”.
A fondamento di questa dichiarazione, c’è l’altra versione dei fatti, in nessun punto coincidente con quella professata da Montanari: il primo microscopio non è mai stato sottratto ai due ricercatori, ma è stato solo spostato dalla sede della Nanodiagnostic all’università di Modena, la dottoressa Gatti pare continui tutt’oggi ad usarlo per il progetto DIPNA.
Per l’acquisto del secondo microscopio, l’inganno sarebbe avvenuto ai danni di Beppe Grillo, dato l’impiego a scopo lucrativi che i due ne facevano. Ed infine, nell’intervista resa per il sito Byoblu, Montanari nega qualsiasi valore scientifico prima accreditato alla lista nera degli alimenti contaminati, perché non ha condotto su di essi (come invece dichiarava di aver fatto durante i comizi di Grillo) delle indagini in ossequio ai protocolli scientifici, ma si è limitato ad analizzarne un campione di ognuno, ricavando e dunque dei dati insufficienti ai fini della ricerca.
Pare quindi impossibile fare un punto sul caso Montanari, al massimo, ci si potrebbe limitare a dei puntini di sospensione. (FEDERICA ARENA)

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