SERIE A: ALLEGRI AL CAPOLINEA, BERARDI IN COPERTINA. E IL BRACCINO DI THOHIR…

Davide Nicola, sollevato dall’incarico a Livorno, non ce ne vorrà: il principale corollario della diciannovesima giornata di serie A, ultima del girone d’andata, è rappresentato dalla fine dell’era Allegri sulla panchina del Milan. Fatale al tecnico livornese si è rivelato il clamoroso KO del Mapei Stadium contro il Sassuolo, che reca nitida in calce la firma di Domenico Berardi, indiscusso mattatore della contesa con un poker che lo proietta nell’Olimpo dei grandi, per la gioia di Eusebio Di Francesco, che al momento dello 0-2 griffato Balotelli era già un ex, e di Antonio Conte, che adesso non frignerà più per la carenza di esterni d’attacco: il jolly per il futuro (Mimmo il predestinato ha soltanto 19 anni) lo ha già in casa. Tornando all’esonerato Max, la decisione era stata sostanzialmente preannunciata da Barbara Berlusconi all’Ansa (eppure Galliani aveva assicurato che la rampolla mai avrebbe interferito nel settore sportivo), prima che stamattina arrivasse l’ufficialità. Adesso via all’era Seedorf, con sei mesi d’anticipo e tutto da guadagnare per Clarence, che inizierà a rodarsi – con un motore Honda in più – sapendo che, mal che vada, peggio del suo predecessore non potrà fare.

Risalendo sensibilmente la classifica, le prime due hanno trascorso una domenica all’insegna del forza quattro con Cagliari e Genoa a fungere da vittime sacrificali. La Juventus ha servito il poker ai sardi al Sant’Elia, il gol a freddo di Pinilla non ha fatto altro che stimolare l’appetito degli affamati bianconeri, che possono gioire per il ritorno al gol di Marchisio e per la ritrovata vena del martello Lichtsteiner. Llorente non è più una sorpresa e adesso è chiaro a tutti perché la scorsa stagione, all’atto dell’infortunio di Casillas, Mou aveva imposto a Florentino Perez l’ingaggio di Diego Lopez: no, questo Adán Garrido non poteva certo offrire garanzie al Real Madrid.

La Roma ha fatto ancor meglio dei campioni d’Italia in carica, dal momento che la porta difesa da De Sanctis, all’Olimpico contro il Genoa, è rimasta immacolata. Prodezze come quelle di Florenzi, poi, riconciliano con l’estetica calcistica: gli eredi dei fratelli Panini potrebbero aver trovato a loro volta l’erede di Carlo Parola. Ad ogni modo, le distanze in vetta restano invariate, per la Juve il più 8 sui giallorossi è un cuscino in piume d’oca, Madama può continuare a dormire sonni tranquillissimi.

Alle spalle di Totti e compagni troviamo sempre la banda Benitez, che tiene la scia espugnando con un perentorio – quanto eccessivo – 3-0 il Bentegodi di Verona. Prosegue il magic moment di Dries Mertens, il guizzante esterno alto prelevato in estate dal PSV che anche contro l’Hellas si è rivelato decisivo, sbloccando il risultato e risultando poi imprendibile nelle ripartenze, spina nel fianco costante, acquisto azzeccatissimo da parte del Napoli. Rimangono comunque immutate le speranze europee dei gialloblu, agguantati al quinto posto da un’Inter che, nel monday night di San Siro, non è andata oltre l’1-1 contro l’altra compagine scaligera, l’ottimo Chievo di Eugenio Corini. I nerazzurri possono recriminare per il gol del sorpasso ingiustamente annullato a Nagatomo, sarebbe stata doppietta, ma in queste ore tengono più che altro banco le dichiarazioni di Thohir sul mercato, della serie niente acquisti a cinque stelle, per comprare bisogna prima vendere. Chi aveva intravisto nel tycoon indonesiano un nuovo mecenate del pallone rimpiange già Massimo Moratti. Rimanendo in tema, l’insolito menù del lunedì si era aperto alle 19 con Samp-Udinese. Impietoso l’esito per i friulani: tre reti al passivo, due espulsi, scomoda situazione in graduatoria e scoramento ai massimi nello spogliatoio. Volti inevitabilmente cupi, da Guidolin a Di Natale: i cicli possono chiudersi per tutti. Sensazioni diametralmente opposte in casa blucerchiata, dove Mihajlovic ha decisamente suonato la sveglia. E che sveglia: dall’avvento di Sinisa tre vittorie, altrettanti pareggi e prestazioni sempre sopra la media nei sette incontri disputati. L’accozzaglia di interpreti smarriti, che con il maestro Delio sembravano suonare senza spartito, adesso ha lasciato spazio ad un’orchestra organizzata e pronta a sfruttare gli acuti dei suoi solisti, Eder in primis.

Venendo alle altre partite, Torino-Fiorentina e Bologna-Lazio si sono concluse a reti inviolate, non male nel complesso la prima di Ballardini, subentrato in settimana a Pioli, ma per risollevare la situazione all’ombra delle Due Torri il mercato rappresenta un crocevia fondamentale. Mentre per quanto riguarda le due attuali ultime della classe, al Livorno abbiamo accennato in apertura: la debacle casalinga contro il Parma è costata il posto a mister Nicola, il presidente Spinelli ha optato per la soluzione interna Perotti (che, salvo due comparsate, non allena stabilmente dal 2004 a Empoli) anche se in effetti sarebbe meglio dire avrebbe e utilizzare così il condizionale, dal momento che la protesta degli ultras potrebbe indurre il navigato Attilio al dietrofront. Il Catania, invece, ha rimediato in quel di Bergamo la dodicesima sconfitta stagionale su diciannove partite, per gli orobici decisivi Denis dal dischetto e Maxi Moralez.

Breve postilla extraterritoriale: Cristiano Ronaldo qualche ora fa ha ricevuto il suo secondo, meritatissimo, Pallone d’Oro a Zurigo, superando in volata il primatista Messi e il povero Ribery, cui non è bastato vincere tutto nel 2013 con il Bayern Monaco: da quando il premio è anche sotto l’egida della Fifa, i successi di squadra contano ormai relativamente.

JODY COLLETTI      Twitter: @jodycolletti

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