CARA DI MINEO: ANTONIO MAZZEO “CENTRO DI SPERIMENTAZIONE PER LE TRANSNAZIONALI FARMACEUTICHE”

“Suscita sconcerto e indignazione la notizia dei 4.000 vaccini destinati al Centro accoglienza richiedenti asilo di Mineo – il Cara più grande d’Europa, già tristemente noto per le degradanti condizioni di vita a cui sono sottoposti i suoi ospiti” così Antonio Mazzeo – giornalista e saggista antirazzista, candidato alle elezioni europee 2014 – Lista L’Altra Europa con Tsipras – collegio Sardegna-Sicilia, commentando il gesto dell’assessore regionale alla salute, Lucia Borsellino, che ha siglato l’accordo insieme all’amministratore delegato della società Sanofi Pasteur Msd, Nicoletta Luppi e al presidente regionale di Croce Rossa Italia, Rosario Valastro.

“E’ semplicemente agghiacciante – continua Mazzeo –  Si tratta di migliaia di dosi di vaccino antitifico e mille test per la tubercolina da utilizzare sui migranti del centro, forniti, tramite l’assessorato regionale alla Salute, dalla Sanofi Pasteur alla Croce Rossa Sicilia, gestore sanitario del Cara di Mineo, in cui attualmente vivono in attesa di una risposta alla loro richiesta d’asilo, oltre 4.800 rifugiati, per periodi di tempo che nella maggior parte dei casi oscillano dai sei mesi fino ad arrivare agli inspiegabili tempi biblici di due anni.

La Sanofi Pasteur è un colosso dell’industria farmaceutica che conta circa 13.000 collaboratori (più del 50% dei quali nel comparto industriale) e 13 tra siti produttivi e di ricerca. In Europa, Sanofi Pasteur è presente con Sanofi Pasteur MSD, la joint-venture al 50% Sanofi e Merck. Da 14 anni, Sanofi Pasteur MSD detiene il monopolio nella produzione e distribuzione di vaccini, essendo l’unica azienda europea interamente dedicata a questo settore nel continente.

Il principio delle vaccinazioni indiscriminate e di massa è altamente deleterio anche da un punto di vista scientifico, in quanto ogni organismo ad uno stesso principio agente reagisce in modo sempre differente. Non si può pensare di vaccinare indiscriminatamente uomini e donne, anziani e bambini, ognuno con la sua specifica predisposizione o resistenza. Inoltre, la logica dell’intero intervento non regge fin dal principio: se il CARA di  Mineo è a rischio di epidemia di tifo o se ne paventa l’eventualità, è un ulteriore motivo per chiuderne la struttura immediatamente, non certo per sottoporre a una vaccinazione di massa coloro che loro malgrado vi abitano.

vaccinoPer quanto riguarda il test della tubercolina, è noto che un eventuale suo risultato positivo indica solo che il soggetto è venuto in contatto in passato con il bacillo tubercolare, ma non che vi è al momento uno stato di malattia: infatti  la positività del test corrisponde ad una memoria immunologica che ci informa che in un momento della nostra vita, generalmente in età scolare, si è venuti a contatto con il bacillo, questo non vuol dire che il soggetto in questione sia malato di Tbc.
Applicare mille test indiscriminatamente a soggetti costretti a vivere in condizioni di promiscuità in un centro dove le condizioni igienico-sanitarie sono più che precarie rischia dunque di creare un inutile allarme sociale e fomentare mediaticamente atteggiamenti d’intolleranza e discriminanti da parte delle popolazioni che vivono nei pressi del CARA di Mineo: parafrasando Gesualdo Bufalino, prolificherebbero le dicerie sui nuovi untori tra le popolazioni residenti in zona e gli addetti ai lavori del centro.

Le vaccinazioni di massa, retaggio culturale di una biopolitica di tardo ‘800 che la stessa scienza contemporanea ha abbandonato, è l’ennesimo esempio della spersonalizzazione dei  soggetti migranti, utilizzati come carne da impiegare per test e sperimentazioni, per meri scopi di profilassi sanitaria, un po’ come le disinfestazioni di massa nel Cda di Lampedusa. Un meccanismo perverso che utilizza il sempre disponibile alibi delle motivazioni umanitarie per fare  in modo che qualsiasi negazione dei diritti – come detenere in un regime di semi-libertà un individuo, privarlo di autonomia nella gestione dei pasti e nelle risorse e da ultimo sottoporlo a prassi mediche invasive- sia compiuta “a fin di bene” e per la protezione di un soggetto dato già per “più debole” a priori”.

 

 

 

 

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