DALLO STIPENDIO DI GENOVESE AL RINVIO A GIUDIZIO DI MARIA TINDARA GULLO: L’IMBARAZZANTE SILENZIO DEL PD MESSINESE

“C’è una malsana teoria in Italia, secondo cui la vittoria alle elezioni “sana” qualsiasi scandalo. Sono 15 giorni che la stampa chiede (legittimamente) al Movimento 5 Stelle di fare autocritica, ma dimentica Francantonio Genovese (deputato Pd ai domiciliari, arrestato prima delle Europee) che non essendosi dimesso, percepisce ancora dalla Camera uno stipendio da Deputato di circa 10.000 euro lordi al mese! Bell’esempio che Renzi dà al Paese. I cittadini pagano i suoi Deputati per stare agli arresti domiciliari? Chiedano al Pd di fare “autocritica” e di far rassegnare le dimissioni a Genovese. Noi disponibili a votarle lunedì stesso”.

Interviene così in una nota il deputato grillino Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, che sottolinea come il partito di Renzi non sia riuscito ad imporre una “questione morale” ai propri deputati. Una riflessione che non sembra aver turbato gli animi dei democrat che sullo Stretto continuano in silenzio a raccogliere consensi (come dimostrano i risultati elettorali delle scorse europee) e dove gli “scandali” non sembrano turbare le agende politiche dei rappresentanti cittadini.

Eppure la politica, come abbiamo spesso avuto modo di dire, non si dovrebbe fare nelle aule dei tribunali, attendendo che la giurisprudenza stabilisca una condanna o un’assoluzione.  L’etica è materia altra dalla retorica delle difese d’aula, e un partito politico dovrebbe riflettere sul sistema di consensi che ha permesso a certi esponenti di fare carriera.

Come accaduto a Patti, dove il Pd messinese ha incassato un altro duro colpo sul fronte della credibilità.

Ieri, infatti, il deputato nazionale del Partito democratico, Maria Tindara Gullo, è stata rinviata a giudizio insieme ad altre 92 persone imputate a vario titolo di falso in atto pubblico, voto di scambio, e truffa a danni dello Stato. Gullo, imputata di falso ideologico per cambio di residenza, è stata coinvolta nell’inchiesta “Fake” condotta dalla polizia di Patti (Messina) del marzo 2011.

Il deputato è figlia dell’ex vicesindaco di Patti, Francesco, anche lui rinviato a giudizio, e cugina di Luigi Gullo, che nel 2011 era candidato a sindaco di Patti e che ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato. Gullo, inoltre, è da sempre vicina a vicina al parlamentare Francantonio Genovese arrestato nell’ambito dell’inchiesta sui fondi della formazione professionale e attualmente ai domiciliari nella sua villa di Ganzirri.

Tra gli altri che dovranno affrontare il processo, dopo la decisione del gup Maria Giuseppa Scolaro, c’è l’ex vice comandante della polizia municipale Carmelo Lembo, gli ex consiglieri comunali Alessio Arlotta e Nicola Campana, l’imprenditore Carmelo Campana, i consiglieri comunali Domenico Pontillo, Filippo Tripoli e Pasqualino La Macchia, l’imprenditore Michele Cappadona, e il geometra Raffaele Aliberto, ritenuti facenti parte di un’associazione per la commissione di reati di falso in atto pubblico e in materia elettorale, al fine di consentire la raccolta di voti per sostenere la candidatura a sindaco di Luigi Gullo.

Cinque imputati (Giovanni Franchina, Daniela Tumeo, Maria Alessandra Tumeo, Katia Marabello e Michela La Cauza) sono stati prosciolti “perché il fatto non sussiste”.

Allora è lecito chiedersi perchè  l’indignazione di molti non basti ai vertici del PD  che con Renzi dichiara guerra alla corruzione, di imporre scelte di garanzia per il partito: dimissioni che non sono necessariamente ammissioni di colpa, ma che sarebbero un primo passo per dimostrare rispetto verso i propri  elettori, sollevando la magistratura da qualsiasi dubbio di ingerenza politica. @Palmira.Mancuso

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