LA PAROLA ALLA FAMIGLIA NIBALI: IL PROFILO DI UN PICCOLO PREDESTINATO

Per vincere e toccare, o meglio scalare in questo caso, certe cime, non puoi essere soltanto bravo: devi prima di tutto essere un uomo. Ma prima di diventare un uomo, per ovvie ragioni, sei stato soltanto un giovane ragazzo, con una strada più o meno tortuosa davanti a te, ricca di sogni, speranze, difficoltà e tutti gli ingredienti di una vita. E’ proprio da li che incominci a costruire parte del tuo avvenire, gettare le basi per ciò che sarai, domani. E quando alle spalle hai una famiglia come quella di Vincenzo, tutto sembra un pizzico più semplice. Attenzione, niente è stato dovuto o regalato al campione su due ruote che oggi rappresenta un’intera città, malinconica, barcollante, ferita. Svilita da tanti cattivi esempi.

E poi c’è Vincenzo Nibali, una spiga di grano tra tanta zizzania, un concittadino che abbiamo imparato a conoscere vittoria dopo vittoria, un uomo che con il cuore nelle gambe pedala sempre più forte, oltre ogni limite, superando ogni ostacolo, trascinando dietro un po’ della sua terra, tappa dopo tappa, da un traguardo all’altro. Una terra che non dimentica e che con il suo talento ha reso fiera, finalmente, dopo tanto marciume. Una goccia in un oceano probabilmente, ma tanto quanto basta a placare, almeno per un leggero istante, la sete di riscatto che divora ogni messinese di buon cuore.

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Il sig. Nibali segue una tappa dal suo negozio

Nell’attività commerciale gestita dai genitori, in una via del centro, è un notevole viavai di persone: amici, fans, curiosi, giornalisti. Tutti chiedono di Vincenzo e tutti si complimentano per le gesta di questo campione, che ricordano fin da quando era piccino, sempre in sella ad una bici. E se questo campione, icona di uno sport, è stato anche un bambino, com’era in quegli anni quando ciò che oggi sta realizzando era poco più di un sogno? Papà Salvatore (in foto) ha appena finito di godersi l’ennesima impresa del figlio quando ci viene incontro. In mano ha una bici, (guarda un po’) ed è pronto a pedalare: “Per smaltire la tensione”, afferma sorridendo, galvanizzato da questa splendida avventura.

E’ un uomo diverso anche lui, non più timido, di poche parole, anzi. Nel parlare di suo figlio gli brillano gli occhi e tornare indietro nel tempo è come vincere, per l’ennesima volta: “Enzo andava forte, già all’età di 12 anni, specie nelle salite. Lo chiamavano “la pulce dei Pirenei” (ride). Da ragazzino? Era monello…è stata dura crescerlo. Quando sbagliavano, lui e suo fratello, li bacchettavo! Ero severo, ma quando si vinceva, tutti a mangiare la pizza!”. Che Vincenzo fosse una spanna sopra gli altri era già evidente allora: “Ricordo ancora quando vinse una delle sue prime gare a Solarino, staccando tutti. E pensare che aveva mangiato il polpettone, e tutti a chiedersi cosa ci fosse, in questo polpettone…”. E i momenti difficili, quelli in cui pensi di mollare tutto, non sono mancati: “tanti, davvero. Veniva da me dicendomi di dovermi parlare perché voleva mollare tutto. La mia risposta? Uno schiaffone, diretto! E subito cambiava idea”.
Padre che vai, nonno (omonimo) che trovi, quasi incredulo, non abituato a queste gioie, incontenibile come quelle lacrime che prova in tutti i modi a trattenere e che rendono i suoi occhi lucidi, oltre che sinceri. “ L’emozione c’è sempre”, glissa sorridendo. “Aveva tre anni, e già stava sul triciclo, correndo avanti e indietro, in quei 45 metri di cortile”. Vincenzo, in quella testolina, aveva un pensiero fisso: “Pensa che sua nonna voleva comprargli il motorino. Ma lui niente, voleva a tutti i costi la Mountain Bike”. Quando insegui un sogno, devi partire e provare ad arrivare lontano: “a 16 anni fu ingaggiato in Toscana. Era felicissimo, e devo dire che tutti coloro che hanno creduto in lui gli hanno voluto un gran bene. Perché lui lottava, eh!”.  Ai conoscenti che gli stringono la mano e lo riempiono di complimenti, nonno Vincenzo sorride dicendo che i complimenti vanno rigirati al nipote, perché lui in fondo non ha fatto nulla e la sua vita, con un tocco di malinconia, si avvia verso la conclusione. Saggio nonno Vincenzo, ma probabilmente non immagina che ci sono tante altre vittorie da festeggiare nella sua ancor lunga esistenza.

Si dice poi che dietro ogni grande uomo si celi una grande donna. Mamma Giovanna è visibilmente felice, sebbene creda di non darlo a vedere, ostentando serenità e moderata soddisfazione con un pizzico di sano orgoglio femminile. Ma I figli so’ pezz ‘ e cori e Giovanna lo sa bene: “Da sempre abbiamo capito che sarebbe diventato ciò che è oggi”, anche se Vincenzo non era esattamente un ragazzo semplice, parola di mamma: “A scuola non studiava, litigava con tutti, a 10 anni scompariva dalla circolazione per andare ai biliardini a giocare. Eravamo sempre all’ospedale, al Margherita ormai ci riconoscevano immediatamente. Non era un bambino cattivo, diciamo che era vivace”.

Tanti gli aneddoti che ci racconta sul piccolo Vincenzo: “il preside ci chiamava spesso per lamentarsi e noi, ad un certo punto, non sapevamo più che fare. Finchè una volta suo padre perdendo le staffe prese una drastica decisione, ovvero tagliare in tre parti il telaio della sua bicicletta. Un dramma per Enzo. Poi però, a lezione imparata, la bicicletta fu riparata. Da li in poi la svolta, cambiò e migliorò anche a scuola. Padre e figlio, amore ed odio” sospira dolcemente , in preda ai ricordi.

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“Ricordo anche quando alla Passeggiata rubarono la sua bicicletta scassinando la nostra Panda. Non danneggiarono l’auto, fecero un lavoro pulito. E per questo lui non si capacitava, non credeva all’idea del furto, pensava lo avessimo punito noi facendola scomparire di proposito. Faceva come un pazzo, fummo quindi costretti a comprarne una nuova”. Vincenzo Nibali è un mito del ciclismo ed il ciclismo non ha lasciato spazio ad altre passioni nella sua vita, neanche in adolescenza. Ecco però venir fuori un altro curioso aneddoto: “non aveva altre passioni, no. Lui, oltre ad essere un bravo ciclista, sa anche fare il massaggiatore. Una volta il dottor Ricciardi (Medico sociale del Messina ai tempi) lo portò con sé al campo, voleva che diventasse il massaggiatore della squadra. E’ andato tre giorni, ma poi non ha resistito. Mi disse “il calcio? perchè guardare quattro cretini che danno calci ad un pallone?” (ride). “Ma la Nazionale la guarda”, aggiunge quasi a correggere il tiro.
Ragazzo ieri, uomo oggi, nella sua vita i pedali sono stati una costante, disegnando da sempre la parabola del suo destino vincente: il destino di un campione, il destino di Vincenzo Nibali.

A cura della redazione sportiva.

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