Galleria Vittorio Emanuele: ecco perché all’atto di indirizzo “c’è chi dice no!”

“Non voglio che si pensi si sia trattato di una posizione preconcetta per ledere o mettersi di traverso: aver votato contrario alla proposta sulla Galleria Vittorio Emanuele non è stata un’azione contro qualcuno”, così Mariella Perrone (Udc) commenta le voci secondo le quali, ci sarebbe una semplice mossa ostruzionista alla base del voto contrario di 14 membri del consesso -tra cui anche la consigliera di centro- rispetto all’atto d’indirizzo presentato da Nina Lo Presti e Daniele Zuccarello, martedì scorso.

“Non esiste agire in questo modo, per me, non mi appartiene: si tratta di illazioni piuttosto basse e reputavo doveroso chiarirlo a beneficio di chi potesse avergli dato credito.

Nina è una collega che ritengo tra i più in gamba, capace e grintosa; nonostante sia al suo primo mandato credo abbia dimostrato da subito il suo valore che la rende meritevole di tutto il rispetto possibile. Parlo a nome mio e del mio gruppo”, prosegue la scudocrociata, “la ragione per cui abbiamo espresso voto negativo è semplice: esistono, ad ora, dei contenziosi giuridici, e non spetta a noi pronunciarci mentre questi sono ancora in itinere. La destinazione della nostra galleria è sia commerciale che ad uso abitativo: dai disturbi della quiete pubblica in poi sono numerose le ragioni che li hanno determinati e nel merito di questi non spetta al consiglio comunale entrare in alcun modo. Non si può non tenerne conto; ma ciò non significa affatto voler lasciare le cose come stanno e mantenere in tali condizioni di degrado e abbandono la struttura. Abbiamo ascoltato il parere del dirigente in aula e ci ha praticamente chiarito la questione a capo della quale si sta cercando di arrivare. Sulla base di questi elementi che ci sono stati forniti ci siamo espressi, se dovessero esservene di nuovi valuteremo in modo differente”.

“Il mio voto di ieri non è un voto contro la riqualificazione della Galleria V.E. che io stessa auspico e ho sollecitato con una interrogazione, ma un modo per denunciare l’inutilità di qualunque atto di indirizzo laddove, al momento della discussione, la Giunta non è presente al confronto e non si mette nelle condizioni di attuare quanto discusso”, anche Daniela Faranda vuol spiegare le ragioni del suo no alla proposta in oggetto e lo fa, all’indomani della seduta d’inizio settimana, dalla bacheca del suo profilo facebook.

Galleria Vittorio EmanueleLa capogruppo Ncd, proprio qualche mese addietro, aveva effettivamente scritto al sindaco per ricevere chiarimenti sulla condizione della struttura e comprendere se ed, eventualmente, il perché gli spazi comunali della Galleria non fossero più dati in concessione alle imprese facenti richiesta “per un’asserita titolarità privata degli stessi” .

In suddetta occasione, risalente al gennaio scorso, si sottolineava la necessità di politiche mirate a sollevare e stimolare la città nelle sue attività imprenditoriali con specifiche politiche per lo sviluppo economico, auspicando che gli spazi pubblici potessero essere fruiti liberamente dai cittadini. Spazi che, ricordiamolo, erano stati restituiti alla città di Messina, dopo una “remise en forme” costata fior fior di quattrini dopo anni di anarchia, sporcizia, abbandono e incuria.

Sulla scia di questa interpellanza della consigliera alfaniana che impegnava l’amministrazione a muoversi in direzione della riqualificazione dell’edificio che affaccia su Piazza Antonello, reperendo ogni mezzo utile, il dirigente del reparto competente, dottor Castronovo, accusato di non fornire le famose concessioni oggetto di polemica nei giorni scorsi, nel parere fornito precisava con molta chiarezza lo stato dell’arte delle cose.

“L’amministrazione comunale proprietaria della Galleria Vittorio Emanuele III, è soggetto facente parte del condominio dell’isolato 323 ed a tutt’oggi soggiace, nonostante l’assenza dell’amministratore, ad un regolamento condominiale redatto nel lontano giugno 1929 ed approvato con atto notarile il 5 maggio del 1930 , che all’art 3 testualmente recita: è vietato destinare i locali del caseggiato ad usi commerci, industrie ed opifici insalubri rumorosi ed emenanti esalazioni nocive e sgradevoli nonché al funzionamento notturno che possa in qualunque modo recare danni, molestie e inconvenienti ad altri utenti. O a farne comunque un uso contrario alla tranquillità alla decenza e al buon nome del caseggiato”. Correva per l’appunto l’anno 1929, c’erano coprifuoco e stili di vita decisamente differenti da quelli odierni e, schiamazzare di sera non si chiamava nightlife o movida.

“Detta norma condominiale”, prosegue il dirigente, “fatta valere reiteratamente in sede giudiziale da molti condomini contrari alle attività sul suolo pubblico comunale dei pubblici esercizi insistenti della galleria, ha sviluppato negli ultimi 10 anni circa un pesante e pericoloso contenzioso anche ai danni del Comune”.

A questo si aggiunge che il beneamato regolamento Cosap delle cui modifiche essenziali e urgenti si parla da tempi immemori (ma se ne parla soltanto) stabilisce che l’ avvio dell’ istruttoria “per il rilascio di una concessione su suolo pubblico comunale all’ interno di un condominio sia soggetta a preventiva autorizzazione o nullaosta di proprietari e amministratori dei condomini”. Traduzione: “rispetto ad altri tipi di aree pubbliche concedibili ai privati, l’autorizzazione ad occupare porzioni di suolo comunale all’interno della galleria che fa parte di un condominio è condizionata dall’ottenimento della predetta documentazione liberatoria” e se i condomini non sono d’accordo (e il loro parere è vincolante) niente concessione, stando a quanto chiarisce la nota di risposta firmata dal dirigente al patrimonio.

Ma Castronovo chiude la sua missiva sollecitando l’amministrazione ad operare nella direzione del recupero della galleria: a tal proposito è fondamentale che come primo passo, essa, “ nella qualità di condomino dell’ isolato 323 provveda a richiedere la nomina di un amministratore giudiziale che poi possa, nel rispetto della normativa di riferimento, promuovere una profonda rielaborazione del regolamento condominiale, redatto nel 1929 per riadattarlo ai tempi e per recuperare la vivibilità della galleria a favore della città”.

Quindi, stando così le cose, sembrerebbe che per mettere a norma le cose senza penalizzare nessuno (imprenditori in primis) sarebbe sufficiente quella famosa modifica al regolamento da tempo agognata. E allora l’unica soluzione parrebbe cambiare le regole del gioco, ovvero metter mano ad una norma che entrò in vigore quando l’Italia era ancora un Regno e che, ci si consenta la riflessione, forse è ormai un pelino obsoleta e anacronistica. E la stasi non può e non deve essere tollerata se a farne le spese, soprattutto, sono sempre i soliti cittadini. Sembrerebbe riassunta nelle ragioni espresse dal dirigente Castronovo,dunque, la ratio per cui -chi per uno dei motivi chi per un altro- i consiglieri “del no”, si sono espressi contro la proposta Zuccarello-Lo Presti, non ritenuta così radicale da poter realmente rappresentare una soluzione al problema esistente; una soluzione che, comunque, sarebbe proprio sotto gli occhi di tutti: modificare il Cosap.

@EleonoraUrzì

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