Un lungo corteo partito da piazza Antonello e arrivato fino in Prefettura, passando per corso Cavour, via Tommaso Cannizzaro e viale Garibaldi. Anche i messinesi sono scesi in strada, questa mattina, per manifestare contro la riforma dell’istruzione ideata dal governo Renzi. Insieme al Premier, il personaggio più contestato è il ministro dell’istruzione Stefania Giannini, a causa del disegno di legge chiamato “buona scuola” che tante critiche sta suscitando in Italia, portando oggi circa mezzo milione di persone a protestare in tutta la penisola. Era dai tempi della riforma “Gelmini”, probabilmente, che docenti, studenti e sindacati non protestavano all’unisono contro il Governo. Anche a Messina, dunque, tanta partecipazione sia da parte degli studenti e dei docenti, che da quella dei sindacati, i quali con cori, striscioni e fischietti hanno attraversato le principali vie del centro per unirsi ai tanti colleghi e compagni di tutta Italia che non vogliono la “buona scuola” di Renzi e Giannini.
Ma quali sono i punti più contestati? Principalmente non viene ben visto dai docenti il potere che avranno i dirigenti scolastici, i quali potranno proporre le cattedre e i posti utilizzando gli albi territoriali costituiti dagli Uffici Scolastici Regionali in base ad una valutazione personale. La chiamata degli insegnanti sarà dunque diretta, senza più graduatorie, ma sulla base degli albi a cui si accede per concorso pubblico oppure che rientreranno nelle assunzioni straordinarie di settembre 2015. Al termine dell’anno di prova i dirigenti potranno rimuovere senza obbligo di preavviso i docenti che verranno valutati negativamente. Il giudizio finale spetterà al dirigente senza più il coinvolgimento del Comitato di valutazione del servizio. I docenti, poi, non potranno richiedere una specifica scuola, ma potranno solo entrare dagli albi dai quali attingeranno i dirigenti. Contestati anche la stabilizzazione dei precari che non è ritenuta sufficiente (coinvolgerà meno precari di quanto annunciato, ossia 148 mila unità) e gli sgravi previsti per chi decide di iscrivere i figli alle scuole private paritarie: infatti le spese sostenute dalle famiglie i cui figli frequentano una scuola paritaria dell’infanzia o del primo ciclo (elementari e medie) saranno parzialmente detraibili dalla dichiarazione dei redditi, con un tetto massimo di 400 euro ad alunno per anno. Una prima stima indica intorno ai 66,4 milioni di euro l’importo annuo previsto.