#criticamilitante – Industriali senza industrie

di Saro Visicaro – Certo bisogna essere molto industriosi per guidare un esercito che non c’è. Diciamoci la verità non è che da queste parti ci sia mai stata una grande cultura industriale. Chiacchiere tante. Fatti pochissimi. Ci tentò Enrico Mattei, era il 1962, e vi trovò la morte proprio di ritorno dalla Sicilia. Col suo successore all’Eni si aprì la strada alla “Razza Padrona” di Cefis & C. I governi siciliani trafficarono con tutti. Per i loro interessi.

La DC dominava con i Verzotto, con i Cavalieri dell’agricoltura e delle costruzioni. L’industria chimica invade e distrugge quello che c’è di buono. La Fiat mette su qualche fabbrica per avere soldi dallo Stato. Nascono i Poli industriali che diventano cattedrali nel deserto. Tutto in compagnia della criminalità mafiosa.

Gli imprenditori veri come Libero Grassi vengono eliminati. Nasce il movimento antiracket. La grande Confindustria in Sicilia non ha mai brillato come associazione trainante dello sviluppo e della crescita civile in Sicilia. Ha occupato quelle posizioni assegnategli come sindacato. Ha contrattato qualche appalto per i suoi iscritti. Ha dovuto destreggiarsi tra una montagna di scandali e di inchieste dei suoi soci. A Messina, come da copione, l’associazione degli industriali non è stata “il cuore pulsante dell’impresa sul territorio” come si autodefinisce in Sicilia.

E’ stata ed è espressione dei gruppi consolidati. La casa editrice dove si stampa la “Gazzetta del Sud” e la galassia Franza – Mondello. A loro si aggiungono alcuni imprenditori edili  e poco più ormai. L’unica vera grande industria, la Rodriquez cantieri navali, è stata distrutta dopo la morte del suo fondatore e la inevitabile conquista dei famelici della finanza. Adesso sembra che anche il riferimento locale, ovvero la sede Confindustriale, debba scomparire da Messina. Inesorabilmente ma non immeritatamente.

L’attuale presidente Alfredo Schipani, eletto nel 2013, si è appena dimesso per “mancanza di serenità”. L’impressione che si è sempre avuta è che l’attuale presidente abbia dovuto sostituire Blandina per “motivi superiori” e con qualche forzatura di troppo. In tempi bui nessuno ama metterci la faccia e spesso viene sacrificato qualcuno di “animo gentile”. Con migliaia di aziende chiuse in Sicilia, compresa la sua, non è che sia un divertimento gestire i rapporti istituzionali. Certo sarebbe stato necessario molto coraggio per indicare le linee del rilancio in una economia debole come la nostra e schiacciata dai monopoli. In pratica si sarebbero dovute portare avanti strategie antitetiche a coloro i quali lo avevano eletto. Ridisegnare il profilo economico e industriale di questa città significherebbe scontrarsi proprio con i gruppi che detengono saldamente in mano le leve del potere.

Le cronache di tutto i giorni lo raccontano. Il disastro della navigazione e delle Ferrovie, la cantieristica, le difficoltà di ripartenza di una cooperativa come quella dei lavoratori dell’ex Birra Messina, le opere pubbliche ferme da anni, lo dimostrano. Senza industrie non c’è lavoro.

 

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