Nuovo scandalo sanità: arrestati tre medici del Policlinico

Falso materiale, falso ideologico, peculato e truffa aggravata: questi i capi di accusa nei confronti di tre medici del Policlinico, finiti agli arresti domiciliari su ordinanza del Gip di Messina, dr.ssa Tiziana Leanza, su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica, dr.ssa Antonella Fradà. Reati in concorso consumati nell’esercizio delle funzioni di dirigenti medici dell’A.O.U. di Messina. Questi i nomi degli arrestati: Letterio Calbo (classe 1948), all’epoca Direttore del Reparto di Endocrinochirurgia; Massimo Marullo (classe 1957), all’epoca vicedirettore del medesimo reparto; Enrico Calbo (classe 1976, figlio di Letterio) in qualità di specializzando presso il reparto.

Un’indagine avviata a partire dal giugno 2013, a seguito di una segnalazione pervenuta dalla stessa Direzione Generale del Policlinico (parallela ad attività ispettiva interna che aveva dato luogo a delle sanzioni disciplinari) in ordine ad anomalie riscontrate in alcuni interventi chirurgici eseguiti nel periodo 2011-13. Sostanzialmente la condotta materiale consisteva nel dissimulare degli interventi di chirurgia estetica additiva (mastoplastica), dopo aver certificato l’esistenza di tumori, di origine traumatica e/o malformativa. In alcuni casi si rendeva necessaria una seconda operazione per la sostituzione delle protesi difettose, in precedenza impiantate dal Marullo o da Enrico Calbo, che – pur essendo un semplice specializzando – operava o unitamente al Marullo o addirittura in via esclusiva. La piena riuscita del programma criminoso, consolidato modus operandi, implicava la sistematica alterazione della documentazione clinica, cui concorreva a pieno titolo il dott. Letterio Calbo, nella qualità di direttore del reparto di Endocrinochirurgia, con l’effetto di trarre in inganno pazienti, struttura ospedaliera e Servizio Sanitario Regionale. Alle ignare pazienti veniva richiesto il pagamento delle protesi, per importi pari a qualche migliaio di euro, di cui i medici si appropriavano, omettendo di dichiarare all’azienda sanitaria sia l’indebito compenso ricevuto che l’impiego di protesi diverse rispetto a quelle in uso alla farmacia del Policlinico, in palese violazione del protocollo sanitario. Il tutto veniva reso possibile grazie all’apposizione sulle cartelle cliniche di etichette non corrispondenti a quelle delle protesi impiantate. Il danno economico arrecato all’azienda non si limitava al mancato versamento delle somme corrisposte dalle pazienti, bensì veniva aggravato dalla regolare utilizzazione di sale operatorie e apparati della struttura pubblica. Ad un secondo e ulteriore livello si verificava invece la truffa in danno del SSR, cui venivano segnalati falsamente come rientranti nella casistica dei LEA (livelli essenziali di assistenza) interventi non coperti in tutto o in parte dal Servizio Sanitario Regionale, per i quali non era quindi dovuto il rimborso. Un’altra triste vicenda che fa accendere nuovamente i fari, in negativo, sul Policlinico di Messina.

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