Droga a Messina e Catania e c’è sempre lui: Sebastiano Sardo, “Iano occhiolino”

Due inchieste di mafia, una a Catania e l’altra a Messina e c’è sempre lui. Si chiama Sebastiano Sardo, ha 31 anni, è di Librino. Certo è che se il messinese Maurizio Calabrò si era tatuato “Sebastiano” sul braccio per riconoscenza verso l’emergente etneo che, a volte, si ritrovava sotto le finestre di Gazzi per “comunicare” , qualcosa doveva significare.
Ancora una volta i carabinieri di Messina forniscono notizie pari a zero e dando l’impressione di non sapere. Il cronista ha provato ripetutamente a chieder lumi su Sardo ma il maggiore Ivan Boracchia è un muro, il pm DDA Pellegrino ha ordini precisi e il comandante Mannucci Benincasa si adegua. Ok.
L’operazione di Messina si chiama Doppia sponda e punta anche verso Gioia Tauro ma interessa di più altro.
L’inchiesta della Squadra mobile di Catania e dal Commissariato di P.S. San Cristoforo, cooordinati dalla Dda di Catania, copre il periodo compreso tra l’ottobre del 2013 e il giugno 2014, su un gruppo guidato da Sebastiano Sardo inteso “Iano occhiolino”, che secondo l’accusa gestiva un vasto traffico di sostanze stupefacenti ed una “piazza di spaccio” in via Alonzo e Consoli, nel rione di San Cristoforo, dove venivano smerciate cocaina e marijuana.
Le indagini, supportate da attività di video-riprese, hanno così permesso di ricostruire l’organico e i ruoli delle persone arrestate: il gruppo era guidato da da Sardo, ed era organizzata sul territorio dai suoi fratelli Carmelo e Luca Davide nonché da Francesco Boncaldo e Francesco Troina che gestivano la “piazza di spaccio” attraverso un sistema di tipo militare composto da pusher, vedette e custodi dello stupefacente.
Sebastiano Sardo, quale capo del sodalizio, si occupava del pagamento degli “stipendi” agli affiliati, sia liberi che detenuti, occupandosi anche delle spese legali. La cassa comune era gestita per conto di Sardo che dettava le disposizioni ritenute opportune per il pagamento dello stipendio ai sodali.
Lo smercio della sostanza stupefacente, ceduta a singole dosi o in “pezzature” più grandi, era particolarmente fiorente e poteva fruttare, mensilmente, sino a 100 mila euro.
Nel corso delle indagine sono stati effettuati alcuni ingenti sequestri: in particolare, la mattina del 4 marzo 2014, la Squadra Mobile arrestò Mario Guglielmino di 50 anni: nel suo garage di via della Concordia, furono trovati due borsonicon oltre 30 chili di marijuana.
L’indagine ha anche appurato come anche da Messina, Gela e Paternò si approvvigionavano di droga acquistandola da Sebastiano Sardo. E infatti il 16 aprile del 2014, sempre la squadra mobile arrestò Daniele Claudio Prezzavento di 39 anni, di Paternò che fu fermato in via Palermo e a bordo della sua Panda la polizia trovò 100 grammi di cocaina e bilancino di precisione.
Dalle intercettazioni è anche emersa la disponibilità di armi da fuoco, necessarie per consentire l’affermazione del gruppo sul territorio nonché per la gestione della “piazza di spaccio”. A Sebastiano Sardo, sia sulla base delle indagini ma anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia – pure del gruppo antagonista dei Santapaola – Ercolano – è stato contestato il reato di associazione mafiosa, perché ritenuto affiliato al clan Cappello – Bonaccorsi, in particolare alla frangia dei “Carateddi”.
Nel corso delle indagini è stato appurato anche che Sebastiano Sardo si sia incontrato con i boss del clan Cappello – Bonaccorsi, tra cui Santo Strano, inteso “facci ‘i palemmu” e Salvatore Massimiliano Salvo ‘u carruzzeri”. (@G.Pensavalli)

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