Bisconte brucia. E la politica con lei

di Pietro Saitta – Bisconte brucia. E com’è giusto che sia, le analisi dell’indomani tentano di capire perché una parte della popolazione del quartiere si sia riversata in strada, bloccando gli ingressi e ergendo barricate. “Un quartiere abbandonato”, concordano gli osservatori di destra e sinistra e, insieme a loro, quei consiglieri comunali che da tempo hanno preso a cuore la questione e si propongono di rappresentarla.

Tuttavia, trattandosi di un quartiere che è in stato di abbandono da sempre, la domanda da fare è perché la rivolta esplode ora? Cos’è intervenuto a mobilitare il senso civico degli abitanti, spingendoli finalmente alla rivolta?

La mia risposta – finora solo sfiorata dai più, con linguaggio prudente e moderato, quasi ai bordi del discorso – è che questo nuovo elemento scatenante è la razza. O, meglio, quel grande contenitore di “razze” marginalizzate che corrisponde al nome di caserma Gasparro.

Non è infatti un mistero che quel grande contenitore – frutto dell’allucinazione di insostenibili politiche sulla migrazione – è diventato uno dei preferiti campi locali di applicazione di quella che letteratura sul tema chiama “imprenditori morali”: politici e membri della “società civile” che scientificamente hanno utilizzato quella sgradita presenza per generare consensi.

Gli imprenditori morali sono speculatori politici: persone, cioè, che investono parte del proprio capitale simbolico per generare utili di varia natura. Sono, cioè, persone che cavalcano la miseria globale e quella locale per trarne vantaggi. Individuano nemici di comodo e premono su un sentire tanto comune quanto errato nelle proprie fondamenta, tanto da un punto di vista storico (quando inizia il degrado di quell’area?) quanto fattuale (i migranti visti come pericolo invece che come vittime di una legislazione; così come una infinita letteratura scientifica ignorata da politici e cittadini dimostra senza possibilità di appello).

Queste persone – che scrivono interventi con tanto di lettere a stampatello, ma sono attente a chiarire che non ce l’hanno con i migranti – non esitano a spiegare che: “ADESSO BASTA!!! BASTA DAVVERO!!! MIGRANTI A BISCONTE!!! Ennesimo GRAVE episodio accaduto nella caserma Gasparro, dove alcuni migranti (5 o 6 unità) SONO SCAPPATI SCAVALCANDO IL RECINTO ED ENTRANDO NEL TERRAZZINO DI UN’ABITAZIONE […] Insieme a loro pare ci siano adesso anche dei tunisini!!!”, etc. etc. (da un post di Libero Gioveni del 14 ottobre).

Straordinario quella sorta di lapsus calami che spiega che “ci siano adesso anche dei tunisini”; una specie di residuo postmoderno dell’epoca in cui gridavamo che “arrivano li turchi…” e che ben mostra la “geografia morale delle nazionalità” secondo chi dà l’allarme.

E sempre a caratteri cubitali – appropriandosi, non sappiamo quanto consapevolmente, di un motivo tipico della destra radicale statunitense nella lotta con la controparte afro-americana – lo stesso post ci spiega anche che “Nessuno vuole discriminare nessuno, ma adesso è il contrario: SONO I RESIDENTI DI BISCONTE E CAMARO INFERIORE AD ESSERE DISCRIMINATI DALLE ISTITUZIONI”. E, infatti, memori della lettura di quel post, sarebbe bastato ieri farsi una passeggiata nei pressi del quartiere per sentire dire a delle persone che i residenti non hanno l’illuminazione pubblica, mentre la caserma ha un impianto nuovo di zecca. Così se da un lato sentire considerazioni del genere sortisce lo stesso effetto di uno che si lamentasse perché lui l’elettricità non ce l’ha mentre quello condannato a sedere sulla sedia elettrica invece sì (un effetto ridicolo e insieme grottesco), dall’altro fa ben capire di cosa oggi si fregi di essere la politica: l’abdicazione da una missione morale consistente nell’ampliamento delle visioni della società che si rappresenta a favore di un’altra, che consiste invece nella coltivazione delle peggiori e più semplicistiche rappresentazioni del reale.

Bene, dinanzi all’opera degli specialisti dell’etnicizzazione del conflitto sociale, la risposta non può limitarsi – come avviene nei commenti di oggi – a concentrarsi sull’indubbia prostrazione esperita del quartiere, né sulla semplice critica della scelta di creare un centro di raccolta in quel quartiere.

Tale risposta deve invece consistere nell’individuare coloro che soffiano scientificamente su un certo malessere indirizzandolo dal punto di vista politico e culturale, chiamandoli per nome a appellandoli per quello sono: miseri imprenditori morali e replicanti poco fantasiosi di formule tanto di successo quanto triviali. Oltre, naturalmente, ad andare nei quartieri e destituirli di quel potere di direzione morale che essi stessi si sono assegnati nel vuoto lasciato da una sinistra universalista e inclusiva.

Foto dal web by Enrico Di Giacomo

 

 

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