Il procuratore capo di Messina De Lucia, “impoverire la mafia per sconfiggerla”

“Hanno raccontato i collaboratori di giustizia siciliani, ma il discorso vale per tutti i mafiosi, che si diventa mafiosi per due ragioni: l’esercizio del potere e il desiderio di ricchezza.
Se la volontà di arricchirsi  è uno dei fattori che inducono a divenire mafiosi, l’impoverimento della mafia, attraverso l’aggressione processuale ai patrimoni mafiosi, è, conseguentemente, una scelta razionale dello Stato nella sua azione di contrasto strutturale alle mafie”. Lo scrive il procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia sulle pagine di Repubblica, centrando uno dei capisaldi del “metodo Falcone”, che nel pensare all’idea di un pool antimafia, sosteneva l’importanza di seguire i flussi di denaro.
“Il sistema di attacco alle ricchezze mafiose, negli anni si è affinato attraverso numerosi interventi legislativi e giurisprudenziali – continua De Lucia, che tra poco meno di un mese dovrà fare a meno del procuratore Sebastiano Ardita, trasferito a Catania – ma almeno tre momenti fondamentali, vanno ricordati:

La legge Rognoni-La Torre del 1982 che per la prima volta ha consentito l’applicazione di misure di prevenzione reale (il sequestro e la confisca) agli indiziati di appartenere alle mafie e che è costata la vita a Pio La Torre, che l’aveva proposta.
La legge di iniziativa popolare  del 1996 che ha previsto la destinazione ad uso sociale dei beni  confiscati alle mafie. Il codice antimafia del 2011 che ha istituito l ’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati.
Questi tre strumenti normativi segnano un percorso unico al mondo per quanto riguarda i beni criminali, poichè il sistema italiano è l’unico che non si occupa della sola fase della sottrazione dei beni ai mafiosi, ma si occupa anche della destinazione di quei beni (si potrebbe dire contro i mafiosi) e degli strumenti per gestire i beni (l’Agenzia).
Se si pensa che in epoca fascista le misure di prevenzione erano una forma di controllo dei mendicati e dei disoccupati, dei marginali, mentre oggi trovano la loro piena legittimità costituzionale nell’ essere fondamentale strumento di contrasto alle mafie, si può vedere come, anche da questo punto di vista, la democrazia abbia rappresentato il metodo migliore e più importante per il contrasto alle mafie.
Lo sforzo odierno – conclude De Lucia –  sta nel salvaguardare e migliorare il sistema e, ancora una volta non è un problema di leggi, ma di amministrazione.
Oggi servono più risorse per il funzionamento dell’Agenzia per i beni confiscati, che deve celermente ricollocarli nel circuito legale e servono più risorse e grandissima trasparenza negli uffici giudiziari deputati ai processi per la confisca dei beni mafiosi.
In nessun caso comunque si può tornare indietro rispetto al punto nel quale si è arrivati”.

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