Fascimo e ambiguità, dal cinema alla realtà è un passo

di Palmira Mancuso – L’attentato terroristico di matrisce fascista che da Macerata ha innescato un aspro dibattito sul riconoscere o meno le responsabilità politiche del clima di odio razzista che in questi ultimi anni ha scandito certe campagne elettorali, è il chiaro segnale che in Italia la perdita della memoria è un pericolo che chi può, ha il dovere di contrastare.

Mappa2Non solo con il linguaggio della contrapposizione, ma con l’informazione. Come fa chi in queste ore sta pubblicando la mappa delle aggressioni e degli attentati terroristici in Italia, dal 2014 al 2108, curata da Info Antifa, un progetto nato all’interno del network Isole nella rete, aggiornata continuamente. Per sottolineare una escalation che non bisogna sottovalutare.

Nell’ambiguità, infatti, si creano quelle sacche di qualunquismo, che per esempio spiega bene un film che in questi giorni abbiamo visto al cinema. Una versione “italiana” (fin troppo italiana) del film tedesco che immagina Hitler a spasso per la Berlino dei giorni nostri, Sono tornato, diretto da Luca Miniero, e che vede uno smarrito Benito Mussolini (Massimo Popolizio) riapparire in piazza Vittorio, nella Roma dei giorni nostri.

Senza entrare nel merito del valore cinematografico della pellicola, dove gli attori sono tutti bravissimi, basta citare l’ultima battuta che ne racchiude il senso e che lascia smarriti, la risposta a chi esprime indignazione per la nuova occasione, per quel “I forgive you” consegnato al Duce: quel consavepole e colpevole “il fascismo non esiste più da 70 anni”, che oggi viene ugualmente usato per sminuire la portata di certe azioni.

Casapound e Forza Nuova che ritroviamo bellamente in lizza elettorale, e che dichiarano di stare a fianco del terrorista promettendo il pagamento delle spese legali (quindi assumendosi la responsabilità politica di difendere Traini, accusato di strage con l’aggravante del razzismo).

E cosa dire di Salvini, per il quale la colpa della sparatoria, volendo sintetizzare il suo “ragionamento”, ricade sui migranti, colpiti perchè si trovavano li.

Se il 4 marzo avrà ancora un senso andare a votare, l’unico sarà quello di alzare un argine democratico contro i seminatori d’odio.

Confidando in quegli anticorpi che oggi sono le parole di Alessandra Verni, la madre di Pamela Mastropietro, la ragazza fatta a pezzi e la cui morte è stata utilizzata quasi per giustificare l’idiozia dello stragista, del “vendicatore” di cui l’Italia può e deve fare a meno.

«Chiediamo solamente giustizia. Pene esemplari per chi ha ucciso e fatto a pezzi nostra figlia. Ma condanniamo fermamente l’attacco di ieri, non siamo razzisti e anche Pamela se fosse ancora viva sarebbe inorridita per questo atto di odio»

Una dignità, quella trasformata dal dolore, verso la quale tutti dovremmo far riferimento.

La dignità che passa anche dalla realtà dei fatti: altrimenti saremmo complici di chi pur di assicurarsi il peggiore dei consensi elettorali, traduce in “scontro sociale” un atto terroristico al pari di quello accaduto al Bataclan col mitra, o a Nizza col furgone.

La matrice è l’odio, e ci sarà sempre una “razza” contro cui scagliarlo, finchè non si comprenderà che facciamo tutti parte della razza umana.

 

 

 

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