Il riso amaro di Steve Cable, un “Uomo maturo” al Teatro dei 3 Mestieri

di Marina Pagliaro – Un monologo comico, un racconto autobiografico ma anche un viaggio attraverso l’esistenza umana. C’è questo e molto altro in “Uomo maturo” il secondo evento della stagione estiva “Fuori di Scena” del Teatro dei 3 mestieri andato in scena giovedì sera. Sul palco l’attore Steve Cable, inglese trapiantato a 23 anni a Catania, appassiona un pubblico che ride di gusto, ma che, quando si spengono le luci, non può fare a meno di riflettere, grazie a quel cinismo distaccato sottolineato dal tipico aplomb inglese per nulla banale, sul tempo che passa e su come cambia, fra social network e crescita personale, l’approccio ai rapporti umani, tutt’altro che semplici. Una storia sentimentale sui sentimenti che con leggerezza cerca forse una risposta alla grande domanda “Cos’è l’amore?“.

Steve testimonia che la verità può essere raccontata nella scritta sui muri della città del sud, ma che con tutto il suo distaccato universo maschile, cui è legato e che è sempre presente nel suo punto di vista completamente soggettivo, non smette mai di cercarlo, l’amore vero, analizzandone maniacalmente la sua evoluzione disillusa verso la concreta quotidianità. Se per certo freudismo il rapporto con i genitori influenza quello che ciascuno ha con il rispettivo partner, nel caso di Steve è il suo rapporto con il teatro a influenzare quelle che sono le sue relazioni: un anelito all’Amore che si scontra con il giorno per giorno. E forse la chiave per riflettere dietro le sue apparenti disavventure sta nella sua scelta di interpretare non tanto Romeo (come richiestogli dal regista durante l’organizzazione della sua prima rappresentazione teatrale), ma Mercuzio il cui ruolo lo consegnerà definitivamente al teatro e che diventerà per l’attore sempre punto di riferimento.

Dalla scoperta “dell’altra metà della mela” a quattordici anni, fino alla scelta di trasferirsi ai piedi dell’Etna, armato di taccuino e sconfortato dall’assenza di autobus nei giorni feriali, Steve sarà sempre un po’ ferito nel rendersi conto troppo in fretta di come anche i sentimenti cambiano nel tempo. La purezza dell’hic et nunc svanisce inesorabile e non ti concede il bis, ed è per questo che “al teatro possiamo illuderci di fermare il tempo – dice – E così voglio che lo Steve dei 14 anni resti in quel modo”. Oggi, a 37 anni, pensa ancora a Cloe, la prima ragazza che ha “amato” a modo suo e per come glielo consentiva la preadolescenza, “mi chiedo dov’è e se è felice – aggiunge”.

Ed ecco, allora, che il riferimento ai social network è un escamotage che non deve trarre in inganno gli spettatori di “Uomo maturo”. Dietro l’apparente rimpianto di un passato in ci si guardava in faccia e non ci si parlava attraverso una chat, è preponderante la più grande consapevolezza che ogni relazione concorre all’autodefinizione di ciascuno di noi. Così anche una scritta sul muro esprime quella voglia di lasciare una traccia nel mondo. Che è anche l’intento di Steve, sul palco, a testimoniare la sua vita senza per questo voler insegnare niente a nessuno.

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