Limbadi, via le anime morte e i vili

Pubblichiamo questo contributo di Saverio Di Bella,  storico italiano, docente di Storia moderna e senatore della Repubblica italiana, che dopo aver partecipato al funerale di Matteo Vinci,  il giovane biologo ucciso lo scorso 9 aprile dalla ‘ndrangheta, si è rivolto al Ministro degli Interni Salvini chiedendo la rimozione dei tre commissari che governano il comune di Limbadi (commissaritao per mafia) che non hanno partecipato ai funerali e per di più hanno mandato alla madre una lettera per chiedere i nomi dei partecipanti al funerale, degli interventi e il loro contenuto.
Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli
 alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere
 di adempierle con disciplina ed onore, 
prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
(Art. 54 – Costituzione)
I funerali di Matteo Vinci – 14 Luglio 2018 – hanno evidenziato una realtà insostenibile e civilmente capace di produrre vergogna o timore.
Chi rappresenta il Governo, in una realtà intrisa di mafia, non può restare neutrale: o si schiera con la mafia o si schiera con coloro i quali la combattono e la subiscono. Idem allorché la situazione crea vittime e carnefici perché la violenza omicida esplode e produce le testimonianze concrete di una realtà atroce.
Chi rappresenta il Governo non può restare, neanche in questo caso, neutrale o indifferente. Per un motivo semplicissimo: in entrambi i casi neutralità e indifferenza diventano, in realtà, appoggio alla mafia.
Ci si vergogna, perciò, di questi rappresentanti del Governo e aumentano le paure di coloro i quali sono succubi della mafia.
Chi dovrebbe difendere le vittime e i cittadini dalla violenza mafiosa si trasforma cioè ipso facto in alleato e complice dei poteri criminali.
E’ evidente che tutto ciò è intollerabile.
E’ altrettanto evidente che tutto ciò dimostra l’incapacità di chi rappresenta il Governo di tutelare i diritti dei cittadini o incarna la viltà civile di chi serve lo Stato senza dignità e senza onore.
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Cio che è accaduto a Limbadi è accompagnato nella provincia di Vibo Valentia dall’arresto di un Commissario Prefettizio presso il Comune di Tropea.
Evidentemente c’è qualcosa che non va nella selezione, nella individuazione, nella nomina di coloro i quali dovrebbero garantire il ritorno alla normalità nei Comuni sciolti per mafia e quindi feriti dalla presenza della criminalità organizzata.
Ci si deve allora domandare: come mai vi sono dei Comuni sciolti, in tempi successivi, due/tre/quattro volte per mafia?
Da questa domanda bisogna tirare una conclusione: il sistema dello scioglimento dei Comuni per mafia e l’attività dei Commissari ad hoc non è idoneo a guarire il male mafia. Come mai?
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In molti di questi Comuni manca un sistema educativo completo: non ci sono asili nido; non ci sono scuole materne e se il Comune è frazionato mancano in molte frazioni le scuole elementari e la scuola media.
Se la scuola media esiste nel capoluogo, il tasporto degli alunni verso la scuola non sempre funziona. E, comunque, la scuola quasi mai è a tempo pieno.
Manca il lavoro, soprattutto, e spesso l’unico lavoro che esiste è quello che danno imprese in odore di mafia.
La chiesa cattolica e i suoi parroci in questi Comuni si trovano di fronte ad impossibilità concrete di organizzare spazi e attività per i bambini e per i giovani.
Questo vuoto dei Governi che hanno cancellato e tradito gli articoli 1, 3 e 4 della Costituzione non sono colmati dai Commissari.
Tutto resta come prima, o addirittura peggiora.
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Si guardi poi all’abusivismo edilizio, allo scempio del territorio, alle discariche abusive, ai liquami scaricati a mare: con i Commissari tutto resta esattamente com’era e tutto continua esattamente come prima.
L’unica cosa che cambia è la sfiducia, che cresce, dei cittadini nei confronti del Governo protempore.
Prendono atto, con profondo rancore, che tutto cambia affinché nulla cambi.
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Cresce però, per fortuna, la consapevolezza che per uscire dal marciume prodotto dalla mafia e da questi comportamenti di chi rappresenta il Governo, bisogna combattere su due fronti:
1) contro la mafia e quindi in Calabria contro la ‘ndrangheta;
2) contro la parte collusa o succube o incapace di fare rispettare la legge incarnata da questo modello assolutamente negativo di Commissari.
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Abbiamo capito, infine, che per quanto riguarda i diritti – istruzione, lavoro, libertà di impresa, tutela del territorio dall’inquinamento e dalla speculazione – non dobbiamo dare deleghe a nessuno.
La presente vale anche come denuncia fatta non solo al Parlamento della Repubblica quanto anche alla Magistratura affinché indaghi sui comportamenti e sui risultati delle gestioni commissariali nei Comuni sciolti per mafia.
Non ci stanno bene i mafiosi e non ci stanno bene gli incapaci e i vili che li sostituiscono.
Sappiamo che ci sono delle eccezioni. Ma la maggioranza dei Commissari, visti i risultati, si è dimostrata inidonea a riportare la legalità e quindi il regno dei diritti e dei doveri nei luoghi al cui interno le mafie avevano confiscato i diritti e sostituito i doveri con quello dell’obbedienza al capo clan della cosca vincente.

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