Freedom Flotilla a Messina: filo diretto a Gaza coi pescatori di Capo Peloro

La voce araba di un pescatore palestinese si diffonde attraverso l’amplificatore che Patrizia e Carmen hanno sistemato sul muretto che divide Casa Peloro dalla strada per il mare. La gente si ferma ad ascoltare quelle parole tra le bandiere palestinesi svolazzanti nello scirocco. “Prima di raccontarvi del bombardanto di ieri sera, voglio ringraziarvi uno ad uno per il coraggio di informare il mondo, per la vostra solidarietà” dice il palestinese rivolgendosi ai membri della Freedom Flotilla, che a Messina ha fatto la sua ultima tappa prima di salpare verso Gaza, dopo aver toccato 23 porti europei.

Ma non è il mare l’ostacolo più grande: la sfida è quella di provare a violare l’embargo che da 11 anni Israele ha imposto ai palestinesi, ormai stremati e rinchiusi in un fazzoletto di terra di 363 km quadrati, oramai considerato la più grande prigione a cielo aperto della terra dalla quale è impossibile non solo uscire ma anche  entrare.

La flotta promossa da un movimento internazionale (Freedom Flotilla Coalition, FFC)  che dal 2008 organizza iniziative per portare aiuti alla popolazione palestinese, ha un compito molto delicato, e l’obiettivo è  creare un movimento di pressione sullo stato di Israele.

Quest’anno protagonisti della campagna snono stati i pescatori, costretti a lavorare rischiando la vita a causa della restrizione imposta dal governo israeliano sulle miglia marine di pertinenza palestinese. Una denuncia che segnò anche la vita di Vittorio Arrigoni, la cui testimonianza è stata condivisa tra i presenti all’incontro di Capo Peloro, a cui hanno partecipato anche Giuseppe Alibrandi e Michele Florio in rappresentanza della marineria di Messina.

In vista dell’avvicinamento delle barche degli attivisti a Gaza, intanto, la corte distrettuale di Gerusalemme ha emesso un ordine di confisca temporanea per due delle imbarcazioni che compongono la Flotilla. Secondo il tribunale, la Karstein e la Freedom, il cui valore è stimato intorno ai 75.000 euro, dovrebbero essere usate come ricompensa per il “terrorismo” di Hamas. (Pal.Ma)

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