Vangelo Ora: aggiungi un posto alla tavola dell’umanità

Di Fra Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,1-15)

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.  Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».  Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.  Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.  E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

Anni fa, precisamente nel 1974, Johnny Dorelli cantava questa canzoncina per bambini che poi canticchiarono tutti e divenne anche motivetto pubblicitario. Un testo molto appropriato oggi, tanto che voglio riproporlo a te che leggi.

“Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più se sposti un po’ la seggiola stai comodo anche tu… E se qualcuno arriva non chiedergli: che vuoi? No, no, no… E corri verso lui con la tua mano tesa e corri verso lui spalancagli un sorriso e grida evviva, evviva!”

Per certi versi questa canzonetta sembra spiegare la pagina del Vangelo che oggi la Liturgia ci propone.

C’è un grande folla che segue Gesù perché lui insegna con parole nuove che danno speranza e soprattutto accompagna il suo dire con azioni a testimonianza dell’annuncio, diverso dal proclama o dalle promesse. Come Pastore buono custodisce il suo gregge, si occupa e si preoccupa. Sente compassione per loro, si fa partecipe nelle loro vita senza invadere la loro privacy, ma in punta di piedi si propone, non si impone.

Se domenica scorsa abbiamo meditato sull’umanità che Dio ha nei confronti dell’uomo, questa domenica ci soffermeremo sulla generosità che sfocia nella condivisione. Infatti il brano del vangelo odierno non ci parla di moltiplicazione ma di condivisione dei pani.

Mi piace evidenziare che è quasi impossibile che fra 5000 persone solo un ragazzo abbia cinque pani d’orzo e due pesci, e tutti gli altri?  Sicuramente per timore di rimanere senza cibo gli altri hanno preferito non condividere il loro pranzo a sacco, hanno fatto prevalere la paura che porta l’egoismo e alla chiusura. Uno solo ha voluto condividere quel poco che aveva, e il Signore ha voluto moltiplicare il suo dono trasformandolo in condivisione. Gesù distribuisce il pane di quel ragazzo che diventa il pane della comunità. Quel pane che pasa di mano in mano, non finisce mai. Quando aggiungi un posto alla mensa del tuo cuore, alla mensa della tua umanità senza preoccuparti di nulla il Signore ti indicherà la direzione per costruire un mondo dove regna l’accoglienza. Quel ragazzo che ha donato spontaneamente il suo pranzo non ha pensato del perché lui e gli altri no. Spesso ciò che ci impedisce di essere generosi sono i troppi ragionamenti umani. Con i se e i ma costruiremo solo castelli di sabbia ma non certo la civiltà dell’amore.

Gesù non intende realizzare una moltiplicazione di beni materiali, ma dare un senso, una direzione a quei beni, perché diventino sacramenti vitali.  Usa tre verbi: prendere, rendere grazie, donare. Noi non siamo i padroni di ciò che ci è stato donato e fin quando non capiamo che nulla ci appartiene ma che tutto è dono continueremo a chiudere ogni angolo del nostro cuore per poi chiudere le nostre comunità e ghettizzarci. Gesù è l’esempio dell’accoglienza, della condivisione, del sapersi donare.

Quando un popolo non ha pane non ha nulla.

Quando mi trovavo in missione in Marocco spesso andavo a fare la spesa per la fraternità dei frati, un giorno uscì con la macchina che parcheggiai davanti la chiesa, dopo aver fatto altre commissioni tornai alla macchina che lasciai aperta per prendere il pane, non lo trovai, l’avevano “rubato”. Il pane è stato il pretesto per avvicinare tantissimi bambini e aiutarli con il doposcuola, il pane è stato il mezzo per poter entrare nelle famiglie e aiutarle nelle varie problematiche. Il pane è tutto. Gesù è il pane, un pane che sazia e che ci trasforma. Dopo averci cibato di Lui non possiamo rimanere indifferenti, non possiamo chiuderci. Ma dobbiamo condividerci, donarci, spezzarci in memoria di Lui.

Da una nostra piccola condivisione nascerà una grande moltiplicazione di gesti di amore. Non ci resta che aggiungere un posto a tavola, la tavola dell’umanità vera che non impone ma propone che non ha paura ma coraggio, coraggio di essere come Dio, umani.

 

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it