Riace fuori dai progetti di accoglienza: il sindaco comincia lo sciopero della fame

Una lotta contro le diseguaglianze, l’ingiustizia e la povertà che ha permeato tutto il suo ruolo da primo cittadino di Riace che da ieri è diventata ferrea opposizione alle rigide decisioni del ministero. Da ieri, infatti, Domenico Lucano ha “appeso al chiodo” la sua fascia tricolore e ha cominciato lo sciopero della fame contro il taglio ai finanziamenti per l’attività svolta nell’accoglienza.

Una decisione che peserà non poco su tutta l’economia del borgo e che avrà ripercussioni anche sull’accoglienza dei rifugiati. Lucano oltre a non poter colmare i debiti che si sono accumulati dal luglio 2017 per sostenere le spese di personale, fornitori e rifugiati, potrebbe dover essere costretto anche a chiudere i Centri di assistenza straordinaria (Cas).  Anche il prefetto di Reggio Calabria ha posto il suo “no” a ulteriori fondi che sarebbero serviti per sostenere i Cas. Così, senza questi finanziamenti, potrebbero finire per strada 165 rifugiati, 50 bambini e 80 operatori.

L’esperienza Riace è stata quella di un paese che si è stretto attorno al fenomeno della migrazione trasformandolo in riadattamento sociale, cultuale ed economico. Così questi tagli aggraveranno non soltanto la condizione dei rifugiati ma soprattutto l’economia di tutta una comunità che si è adoperata per far rete a più livelli. Anche padre Alex Zanotelli, promotore della mobilitazione “Digiuno di giustizia”, si è recato nel centro della Locride per dare il suo sostegno a Lucano che non intende interrompere il suo digiuno finché non verranno sbloccati i fondi per le attività che Riace ha svolto nell’accoglienza. E al sindaco di Riace la solidarietà è arrivata anche da Mario Oliviero, Presidente della regione Calabria. “ L’economia di tutta la comunità, modello mondiale di accoglienza e integrazione, crollerà sotto un cumulo di macerie”, ha scritto sulla sua pagina Facebook il sindaco di Riace. “Protesto contro ogni forma di razzismo, di fascismo, di discriminazione e di sfruttamento per difendere le persone più deboli quelli che non contano (praticamente zero), categoria a cui sento con orgoglio di appartenere”. 

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