Contro la mafia, uomini d’amore in Sicilia

di Saverio Di Bella – «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5 Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. 6 Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. 7 Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. 9 Chi ha orecchi intenda».
(Matteo 13, 3-9)
Papa Francesco è venuto in Sicilia per ricordare il martirio di don Puglisi, assassinato dalla mafia il 15 Settembre del 1993.
Parroco a Brancaccio, don Puglisi aveva osservato le condizioni del popolo di Dio affidato alle sue cure; ne aveva ascoltato le voci e i bisogni e aveva cercato di dare delle risposte a partire dai più poveri.
Aveva cercato, anche, di parlare ai cuori induriti e alle orecchie chiuse dei mafiosi.
Il tutto con amore nella consapevolezza che soltanto l’amore può riscattare una terra nella quale la violenza omicida si scatena con furia selvaggia quotidianamente e nella quale, perciò, il vissuto degli uomini è condizionato fin dalla prima infanzia dall’impatto con questa dimensione truce del vivere.
Don Puglisi venne ucciso e morì sorridendo al proprio assassino. Un modo di chiudere l’esistenza terrena di un servo del Signore che anche nell’abbandonare questa terra sorride a sorella morte e alla vita.
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Il Pontefice conosce bene le piaghe della Sicilia e le condizioni che contribuiscono a fare nascere il degrado e la violenza. Ma sa anche, ancora meglio, che queste piaghe si curano portando avanti modelli di vita e di rapporti sociali e umani fatti nascere e crescere su terreni lontani dalla cupidigia di denaro e di potere.
Don Puglisi, su questi bisogni e per uscire dal sottosviluppo che li genera, è un modello prezioso, un dono di Dio al quartiere di Brancaccio e al popolo siciliano.
Così Papa Francesco ricorda che la Sicilia ha bisogno di uomini d’amore e  non di uomini d’onore.
Da questa profonda convinzione nasce l’invito paterno ai mafiosi di convertirsi perché un cristiano non può essere mafioso.
Le parole del sommo Pontefice sono cadute come semi nei cuori e nelle teste dei siciliani e di coloro che le hanno ascoltate attraverso i mass media.
Che effetto avranno? Lo sapremo col tempo.
Una cosa però possiamo cogliere da subito: dalle parole di Dio giudice di Papa Wojtyla, che ricordavano ai mafiosi la necessità di convertirsi perché un giorno saranno giudicati, siamo passati alle parole di Papa Francesco che chiede sempre ai mafiosi di convertirsi ma lo fa nel segno del Dio padre di misericordia addolorato e ferito dai comportamenti di una parte dei suoi figli. Figli che vanno ricondotti al Padre e alle sue leggi di amore attraverso l’amore.

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