Francescani, messaggeri di Pace al confine tra India e Pakistan

Dire “no” alla guerra, portare un messaggio di pace, chiedere ai governi di India e Pakistan di non coinvolgere i due popoli in un conflitto che porterebbe solo odio, dolore, distruzione: con questo spirito, in una fase di altissima tensione tra India e Pakistan, dopo l’attentato in Kashmir e la reazione militare indiana, ieri 26 febbraio una delegazione di frati francescani cappuccini ha compiuto un pellegrinaggio a Gandha Singh, villaggio del Punjab al confine tra India e Pakistan.
Della delegazione faceva parte Fra Benedict Ayodi, presidente della Commissione per Giustizia, Pace e Integrità del Creato della Curia Generalizia dei Frati Minori Cappuccini, giunto in visita in Pakistan per seguire progetti e iniziative su temi come gestione dei conflitti, diritti umani, alleviamento della povertà, costruzione della pace, dialogo interreligioso. Tra gli altri frati, c’era con lui Fra Francis Nadeem Custode dei Cappuccini in Pakistan e Segretario esecutivo della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso, noto promotore di pace e armonia interreligiosa nel paese. “Scopo di questa visita – racconta Fra Francis Nadeem all’Agenzia Fides – era lanciare un messaggio di pace, fratellanza, amicizia, riconciliazione e reciproca accoglienza alle nazioni di India e Pakistan. Abbiamo innalzato a Dio una preghiera perché ci si possa impegnare per una pace sostenibile, abbiamo fatto silenzio e abbiamo acceso ceri per simboleggiare il nostro impegno e la nostra invocazione all’Atissimo”.
I frati hanno recitato e distribuito alla gente presente nel villaggio la preghiera attribuita a San Francesco d’Assisi, che recita “Dio rendici strumenti della tua pace”.

I francescani in Pakistan, hanno detto che in questo momento critico di una possibile escalation militare, “avvertono la chiara responsabilità di non cedere alla violenza e di prospettare una soluzione pacifica per l’annosa questione del Kashmir, richiamando la politica, in Pakistan e in India, a scegliere la via del negoziato e del confronto e non quella delle armi”.

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