Turismo religioso in Sicilia, “via di vita buona e speranza concreta”

Un momento di incontro e condivisione che, avendo come punto di partenza ‘lo strumento ’ del Turismo, ci conduce alla sperimentazione di nuovi modi di proporre il Vangelo, soprattutto a quanti ogni giorno visitano e ammirano i nostri territori”. Così don Roberto Fucile, direttore dell’Ufficio per il Tempo libero, Turismo e Sport della Conferenza episcopale siciliana, ha aperto il convegno regionale sul tema ” Bellezza e speranza in Sicilia. Quando il Turismo diventa via di vita buona e speranza concreta” (Cefalù, 5 e 6 aprile 2019).

Aprendo i lavori, don Fucile ha evidenziato che l’appuntamento è stato voluto come “occasione per sentirci accomunati dalla consapevolezza di possedere una straordinaria ricchezza patrimoniale e culturale che deriva dai beni che ci sono stati affidati dai nostri antenati e che, attraverso il loro utilizzo, possono diventare strumento per migliorare la qualità della vita nei nostri territori. Credo fortemente – ha aggiunto – che, se siamo qui oggi è perché abbiamo tutti un unico pensiero, ossia il riconoscimento di quanto sia bella la nostra amata terra e, soprattutto, siamo convinti che sia possibile dare speranza e fiducia a quanti oggi vivono nelle nostre comunità facendoli innamorare della bellezza dei nostri luoghi. Ed inoltre far capire come la Sicilia sia storia autentica e bellezza irripetibile”.

All’apertura dei lavori era presente anche il sindaco di Cefalù, Rosario Lapunzina, che ha porto i suoi saluti ai presenti, soffermandosi sul “forte legame tra le ricchezze, grandi e apprezzate, del territorio cefaludese e i beni culturali ecclesiastici”. Guardando alla Cattedrale, ma anche al Santuario mariano di Gibilmanna, Lapunzina ha parlato del turismo locale come “fortemente connotato come turismo religioso, culturale e, allo stesso tempo, cultuale”.

Il primo intervento, a cura di mons. Rosario Dispenza, direttore dell’Ufficio per il Turismo della diocesi di Cefalù, ha proposto un percorso per immagini attraverso i beni materiali e immateriali delle diciotto diocesi di Sicilia. “Il nostro territorio – ha detto – è storia, cultura, civiltà, tradizioni, è fatto monumenti e paesaggi, di gastronomia, ma è anche accoglienza. E’ intessuto di riti, tradizioni, feste, sagre. È una ricchezza enorme che passa dalle persone e con esse deve dialogare”.

Salvo Celeste, dell’Ufficio per il Turismo di Noto, ha poi presentato le esperienze già attive in Sicilia nel settore della promozione e nella gestione dei beni culturali e dei siti religiosi: tante iniziative che “valorizzano il patrimonio, le persone che lo abitano e quelle che lo visitano, che danno lavoro e svelano capolavori”.

L’intervento centrale del convegno è stato di don Gionatan De Marco, direttore nazionale dell’Ufficio per il Turismo, che ha guidato la riflessione intorno ad una domanda: “Il turismo è pastorale?”. “Tutto parte da un sogno: fare dei nostri territori luoghi di luce. Un luogo, infatti, non lo si riconosce solo dai cartelli di benvenuto, ma è fatto di esperienze ed incontri. Spesso – ha detto – è come se la bruttezza abbia più voce della bellezza: siamo inclini ad evidenziare ciò che non va. Come al mattino, quando ci svegliamo e, guardandoci allo specchio, ci fermiamo a guardare quel ciuffo che non è più al suo posto, quella ruga che ieri non c’era. Non ci guardiamo mai negli occhi”. Parlando di “una sorta di malinconia” e di “passioni intristite” che “atterrano i sogni”, don De Marco ha esortato: “Solo sognando possiamo cambiare il mondo e cambiare anche la Chiesa. La comunità cristiana deve avere coraggio! Non possiamo solo attendere che l’altro si sieda alle nostre tavole eucaristiche, ma dobbiamo cominciare anche noi a sederci alle tavole antropologiche, dove la gente cerca un senso alla vita. Il turismo è una di queste tavole antropologiche, che ci aspettano. Su di essa – ha aggiunto il direttore nazionale – dobbiamo servire non solo il giusto e il buono, ma anche il bello. Dio è bello! E la sua bellezza, in qualche modo, passa per le mani degli uomini. La ritroviamo nelle opere d’arte, nelle cattedrali, nei componimenti musicali. Ma queste opere sono realizzate da chi questa bellezza la porta nel cuore, impressa, perché siamo fatti a Sua immagine e somiglianza. Immagine, perché portiamo in noi l’impronta di Dio, e somiglianza perché siamo in continuo movimento per ritrovare il Creatore. La bellezza è, allora, impronta impressa in noi che ci spinge a cercare la somiglianza, ad essere come Lui: buoni e anche belli”.

Ecco allora il turismo religioso, quello in cui “il termine ‘religioso’ non incasella, ma piuttosto libera”, nella misura in cui genera l’emozione della meraviglia. “Una meraviglia – ha spiegato lo stesso De Marco – che ha bisogno della nostra capacità di provare e generare stupore, che invece non è una emozione, ma un vero e proprio atteggiamento nei confronti della vita e della possibilità che l’uomo ha di credere in Lui, di conoscerlo attraverso le bellezze del nostro territorio che di Lui parlano, che di Lui ci raccontano”. Uno stupore che diventa possibile nella misura in cui la comunità cristiana diventa “protagonista di esperienze che accompagnano l’ospite a divenire stupito consapevole, dandosi la possibilità di cercare e trovare risposte ad una vita che ha sempre più fame di una Bellezza che è evocativa e sempre generativa”. È la proposta di un “turismo No.Bel., un turismo della Bella Notizia di cui la comunità cristiana continua a tessere narrazioni vitali”.

In serata i partecipanti al convegno, accompagnati dal direttore dell’Ufficio liturgico diocesano don Domenico Messina e dal suono dell’organo curato dal maestro Diego Cannizzaro, hanno visitato la Cattedrale di Cefalù, come “monumento culturale e cultuale”.

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