Vangelo Ora: il segno di Dio, l’accoglienza dei piccoli e ultimi

di Fra Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

 “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” La domanda del Battista è più che legittima: dopo aver predicato e urlato che sarebbe venuto uno più grande di lui, che avrebbe messo mano alla scure e tagliato alla radice ogni albero che non produce frutti buoni e gettato nel fuoco, si vede arrivare insieme ai peccatori, Gesù che chiede di essere battezzato mescolandosi con quella gentaglia. Niente scure, niente alberi tagliati, niente rivoluzioni armate, niente urla nelle piazze, nessun dottore della legge, nessun fariseo o romano (politico, religioso e straniero) messo alla gogna. Anche oggi guardando quel piccolo Bambino nudo o quel Crocifisso con le braccia aperte, ci chiediamo “Ma sei davvero tu dobbiamo aspettare un altro”?

Il mondo di allora, come quello di oggi, è pieno di profeti, di messia, di voci che gridano e rivendicano pieni poteri, di veggenti, maghi e salvatori della Patria e novelli “restauratori della vera chiesa” … Ce ne sono nella politica, nello sport, nella salute, nella economia, nella religione; c’è chi sfrutta la creduloneria, l’ignoranza, la mancanza di lavoro, le varie povertà, le paure o le angosce delle persone per farsi proclamare re, sacerdote e profeta. Personaggi che alimentano false speranze seminando divisione, arrivano come le mode in ogni tempo e stagione, conquistano un palcoscenico per un periodo per poi svanire lasciando strascichi dolorosi e tragiche conseguenze.

Gesù non dà una risposta ai discepoli del Battista. E nemmeno a noi. Ci lascia nel dubbio. Ci obbliga a fare un salto. A vedere oltre. Ci invita a non credere alle parole, ma alla Parola che si incarna nella vita vissuta, che diventa azione: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!”.

Oggi chi accoglie, chi si mette al servizio degli ultimi è motivo di scandalo. Un Dio che nasce in una grotta da una ragazza di un villaggio sperduto, in mezzo agli animali e il loro sterco, non è motivo di scandalo? Dio che nasce nudo e muore come un malfattore, non è motivo di scandalo?  Dio che si prende cura degli stranieri, delle prostitute e dei peccatori continua ad essere motivo si scandalo: è che per pudore non lo vogliamo ammettere ed evitiamo di parlarne. Oggi continuiamo a scandalizzarci di tutti coloro che riconoscono i segni della presenza di Dio negli immigrati, nei poveri, negli ammalati o carcerarti… in tutti coloro che la società considera scarto, la reazione a tutto ciò la conosciamo.

Questi i segni della forza dirompente del Vangelo: persone pronte a cambiare il loro modo di pensare e di vivere, di guarire dalla paura del diverso e di scoprire nell’altro Cristo. La gratuità, la solidarietà, la fraternità, non sono forse segni?

È lui, Gesù, che aspettiamo, ed è presente in tutti coloro che agiscono per il bene del prossimo per diventare profezia. Profezia oggi è Papa Francesco che come Giovanni Battista prepara la via scomoda per accogliere il Signore.

Ognuno di noi è chiamato ad essere profezia. Davanti ai tanti che si chiedono se dobbiamo aspettarne un altro, Gesù indica a Giovanni i tanti segni della presenza di Dio e a noi, suoi discepoli indica Giovanni, profezia vivente.

Mancano dieci giorni al Natale, per guardare oltre, altrove, riconoscere i segni, magari diventare segno di speranza per i tanti che a Natale si sentono soli. Per fare ciò non possiamo ne fermarci davanti alle leggi discriminatorie, ne davanti a pratiche religiose che ci rendono sterili, ma semplicemente ascoltare il dolore della gente: ciechi, storpi, sordi, lebbrosi guariscono, ritornano uomini pieni, totali. Dio comincia dagli ultimi… e tu?

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