Vangelo Ora: come agnelli in mezzo ai lupi

di Fra Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

In un mondo confuso, dove uomini con un vissuto non del tutto trasparente, intenti ad accrescere il loro potere, a manipolare i popoli strumentalizzando ogni cosa persino Dio, uomini che infondono odio, alzano muri e demoliscono ponti ergendosi come profeti e salvatori della propria patria, in un mondo dove si sono persi i veri punti di riferimento grazie proprio alla confusione creata dai vari guru del momento, oggi in questa domenica, una voce grida nel deserto dell’indifferenza e dei cuori induriti: “Ecco l’Agnello di Dio”. La voce è Giovanni il Battista che ha l’autorevolezza, la conoscenza di indicarci Cristo come l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. È la presentazione di uno che ha fato esperienza di un Dio che si mescola con la feccia del mondo, che si presenta nudo in una mangiatoia, lo stesso Dio che a Natale non solo si è fatto come noi, ma piccolo tra noi. Non si presenta con la forza del leone, o con la furbizia e l’inganno del serpente o della volpe, ma  come chi è bisognoso di relazione umana. Dio in Gesù si schiera al fianco di chi è solo, ed è solidale nei confronti di ogni uomo, perché non viene per eliminare il peccatore ma il peccato.

Oggi come non mai abbiamo perso il senso del peccato, ormai è tutto lecito, tutto rientra nella normalità, però attenzione a non cadere in un certo moralismo che tende a individuare peccati in ogni dove emarginando l’altro considerandolo peccatore senza speranza.

Ma che cos’è il peccato? Per i greci era un errore fatale, fallimento, mancare il bersaglio. Il significato latino è violazione, trasgressione, infrazione di una norma stabilita. Ancora diverso è il significato del corrispondente ebraico, che appartiene alla cultura dell’evangelista, ed è smarrirsi, perdere la strada che conduce a Dio. Fallire, mancare il bersaglio, trasgredire, violare, smarrire…

Credo che dovremo domandarci seriamente l’origine dei tanti fallimenti del genere umano, dei bersagli mancati e degli obiettivi sbagliati. Spesso ci lasciamo dominare dall’egoismo, dal potere sulle cose e sulle persone, dalle strade facili; perdendo di vista ciò che è buono per noi e per gli altri.  San paolo ci esorta così: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2).

Giovani indica Gesù perché l’ha conosciuto, la conoscenza di Dio nasce sempre da un’esperienza e il Battista fa esperienza di un Messia che non agirà con violenza, che non pone la scure alla radice degli alberi che non portano frutto buono.  Egli ci comunica ciò che ascolta e vede “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio”.

Giovanni ci insegna che per seguire il Signore non bisogna rimanere dentro delle regole o riparare al peccato con penitenze, sacrifici, se poi tutto questo non ti pone in relazione d’amore nei confronti dell’uomo, serve piuttosto  un nuovo modo di vedere la realtà che ci circonda, cambiare mentalità che ci permette di superare i fatti contingenti e dare un orientamento alla nostra vita sempre più somigliante a quella di Cristo. Uno solo è il vero peccato: vivere senza Cristo, e senza il Prossimo, incapaci di lasciarsi amare e di tessere relazioni d’amore.  Piuttosto che fissarci sui i peccati altrui e scadere in moralismi che spesso alterano le relazioni, sarebbe necessario approfondire la conoscenza di Gesù, uscire dalle nozioni catechistiche e porre attenzione di più alla Parola del Vangelo per essere meno giudicanti e più misericordiosi.

Chiediamoci chi abbiamo visto, chi abbiamo incontrato sin’ora, il Cristo del Vangelo che come agnello dona la vita per amore dell’altro, o un dio tascabile da usare quando ci fa comodo per avvallare idee e principi che non hanno nulla da spartire con lo spirito di amore e di accoglienza che Cristo ci insegna? Possiamo testimoniare di essere cristiani solo se sperimentiamo l’amore di Dio, se facciamo esperienza diretta di Lui. Possiamo testimoniare solo se ammettiamo di non conoscere o se ammettiamo di non conoscere a sufficienza, se siamo umili e ben disposti ad ascoltare e accogliere la Parola che mette l’uomo al centro e non ai margini. Giovanni testimonia che ha scoperto in Gesù il Figlio di Dio. Non il Messia vendicatore, non un grande uomo, non un profeta o un guru, non un autore spirituale, ma il Figlio di Dio, che si fa prossimo e servo, che accoglie ogni uomo e donna, pagano o credente, ebreo o straniero.

Siamo chiamati ad essere anche noi agnelli che seguono e ascoltano il Pastore buono e non pecore che ascoltano il mercenario. Agnelli si diventa seguendo e ascoltando l’Agnello (Ap 14,4). Seguirlo vuol dire amare ciò che lui amava, desiderare ciò che lui desiderava, rifiutare ciò che lui rifiutava, e toccare quelli che lui toccava, e come lui li toccava, con la sua delicatezza, concretezza, amorevolezza. Essere solari e fiduciosi nella vita, negli uomini e in Dio. Perché la strada dell’agnello è la strada della felicità e si conquista con una vita di grazia: partecipando all’eucarestia e alla vita sacramentaria della Chiesa, facendosi prossimo a tutti coloro che incontriamo nella strada della vita.

Il Signore ci invia come agnelli… ci manda a togliere, con mitezza, il male: braccia aperte donate da Dio al mondo, braccia di un Dio agnello, inerme eppure più forte di ogni Erode che ancora oggi fa strage di innocenti.

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