Psicosi Covid 19: dai bambini il vaccino per la disumanità

di Cesare Natoli – Non si può. Non è possibile evitare di analizzare attentamente quanto sta accadendo. Per chi lavora nella Scuola, poi, si tratta di un vero e proprio imperativo categorico. Questa faccenda del Covid 19 ci impone una riflessione seria. E ci obbliga a trasmetterne senso e ricadute pedagogiche all’esterno, sopratutto agli studenti.
Chiariamo: non sono un medico.

Non sono quindi in grado di analizzare il fenomeno dal punto di vista sanitario. Per quello mi affido alle fonti ufficiali, al parere degli scienziati (non di uno solo) ai dati statistici, al raffronto tra questa epidemia e altre del presente e del passato. E traggo delle conclusioni. Ma si tratta di conclusioni personali che, quindi, hanno valore soggettivo. Ve le dico ma poi cambio strada: per me si tratta di una simil-influenza, come l’ha definita la dottoressa Ilaria Capua. Un virus influenzale come gli altri, con la differenza che, però, è nuovo, non abbiamo il corrispondente vaccino, è molto contagioso e, potenzialmente, in grado di mettere a dura prova il sistema sanitario, nel caso in cui ci fosse un elevato numero di pazienti che necessitassero della terapia intensiva. Per questo, e solo per questo, le misure precauzionali hanno un senso. Ma non è la peste. Uccide solo chi ha già quadri clinici molto problematici (come purtroppo fanno le tradizionali influenze). La stragrande maggioranza della popolazione ne esce con tachipirina e thè caldo. Ma si tratta di quello che penso io, sulla base della mia documentazione. Ergo non ha valore scientifico. Se volete saperne di più il web è pieno di notizie (quanto, poi, queste si trasformino in conoscenza è tutto da vedere, ma tant’è). Stop.

Non si può tacere, però, su altri aspetti. Cristo santo, noi insegniamo ai nostri studenti le conseguenze sociali della peste del ‘300; leggiamo le splendide pagine che Manzoni ha dedicato all’argomento nei “Promessi sposi” e non solo. Parliamo dei meccanismi atavici che scattano in questo tipo di situazioni (caccia all’untore, paura del prossimo, anestetizzazione della solidarietà, chiusura egoica e così via) col preciso intento di immunizzare le nuove generazioni da tali nefaste dinamiche e poi che facciamo?

Ci terrorizziamo, invochiamo la chiusura delle scuole, dei cinema, delle palestre, ci facciamo prendere per il culo da pseudo scienziati capelloni in cerca di notorietà sul web e nei salottini televisivi, stiamo attaccati alla conta dei contagi e delle presunte vittime (e dico presunte perché molti studiosi affermano che si tratti non di morti “per” coronavirus ma “con” coronavirus: è ben diverso…), ci imbamboliamo davanti ad assessori alla sanità e presidenti di regione sull’orlo di una crisi di nervi che sparano cazzate una dietro l’altra, barcamenandosi tra tentativi di legittima strategia precauzionale e slogan demagogici da quattro soldi.

Ci facciamo bullizzare da giornalisti che conoscono bene l’atavica dipendenza dalla paura incontrollata e quanto l’allarme sia un formidabile strumento mediatico (eppure basterebbe riflettere un attimo e chiedersi perché – faccio un esempio – la stampa, tendenzialmente, preferisca dire “anche due giovani contagiati nel bergamasco” e non “solo due giovani contagiati nel bergamasco”…)
Siamo alla psicosi. Sfido chiunque a dire il contrario. La Chiesa chiude le acquasantiere e invita i fedeli a scambiarsi il segno di pace ‘con moderazione’.  Con moderazione… L’ho sentita con le mie orecchie. Ma che caspita vuol dire ‘con moderazione’?! Cos’è, al segno della pace generalmente ci mettiamo a pomiciare? La Chiesa di Gesù Cristo, che abbracciava i lebbrosi, mi dice che devo scambiare il segno di pace ‘con moderazione’; e mi dice anche che devo rispettare la distanza precauzionale di un metro (ho letto pure questo, giuro).

A breve arriverà l’ostia intinta nell’amuchina, magari. E nel frattempo, in televisione, un medico mi dice che i contatti umani, se non proprio necessari, andrebbero evitati…
Potrei continuare l’elenco di amene bestialità all’infinito (inutili mascherine esaurite pure nei negozi di ferramenta, supermercati presi d’assalto, bar chiusi fino alle 18, ecc.) Mi fermo per pietà. Ribadisco però che dovremmo decisamente invertire la rotta. Decisamente. E non solo per i danni enormi che questa psicosi sta creando e creerà ulteriormente dal punto di vista economico (e qui la mia parte complottistica avrebbe molto da dire…) ma, soprattutto, per i danni sociali e psicologici. Danni irreparabili.

Questo, forse, il vero virus pericoloso. Il virus della disumanizzazione. Una patologia che è potenzialmente sempre presente nell’uomo e che, a guardar bene, circola da tempo, da molto tempo prima del coronavirus.

Ma per quel virus il vaccino esiste già. Si tratta del vaccino del pensiero e della solidarietà sociale, da un lato. E di quello che hanno da insegnarci i bambini, dall’altro. Sì, i bambini. Gli esseri che non conoscono la paura e che per questo, giustamente, vanno protetti e guidati dall’adulto. Loro, che guarda caso sono totalmente risparmiati dal Covid 19, possono questa volta insegnarci qual è la strada giusta. Quella, cioè, di vivere la nostra vita, e basta.

Senza inseguire l’ultimo aggiornamento sui contagi, senza guardare ipnoticamente i telegiornali, senza sciacquarsi freneticamente le mani dopo aver stretto quelle di un vicino di casa, senza rinunciare alla nostra umanità. Guardiamo i bambini giocare e cerchiamo di imitarne gioia e sorriso: sarà un vaccino molto efficace.

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