Messina: I Francescani ricordano con una veglia di preghiera i senza-tetto Vito e Giuseppe

di Fra Pè – Momento intenso ed emozionante quello che ieri sera si è vissuto alla Grotta del Santuario di Lourdes sul viale Regina Margherita a Messina. I Frati Minori insieme all’Ofs, accompagnati da diverse persone tra cui l’Assessore Alessandra Calafiore, hanno voluto pregare per i due senza tetto morti qualche giorno fa proprio qui a Messina, Vito e Giuseppe. Si è anche voluto ricordare Don Roberto Malgesini, il sacerdote comasco ucciso da un senza fissa dimora e insieme a lui i tanti consacrati e laici che quotidianamente si spedono per il Vangelo.

Presenti alla Veglia di Preghiera il Dott. Francesco Certo fondatore dell’Onlus Terra di Gesù, oltre che un piccolo gruppo di persone che vivono in strada.

I Frati sempre vicini al territorio cittadino hanno voluto evidenziare quanto sia importante il dono del fratello, a volte inatteso, a volte scomodo o invadente, ma pur sempre dono. Sappiamo tutti quanto San Francesco tenesse ed amasse la fraternità: il Signore mi donò dei fratelli, scrive nel testamento. Sappiamo tutti la gioia provata nell’abbracciare il lebbroso perché in quel fratello aveva scoperto l’immagine di Cristo.

Per il vero cristiano riconoscere nell’altro che soffre il volto di Gesù, è un modo di riconoscere la dignità di ogni essere umano creato a immagine di Dio. Ed è anche un modo per ricordarci che dalle presenti difficoltà non potremo mai uscire da soli, uno contro l’altro. Nord contro Sud, ricchi contro poveri, cristiani contro musulmani o ebrei, o fare crociate contro chi ha un orientamento sessuale diverso dal nostro o un modo di vivere la vita diversamente da noi, serve solo ad alzare muri, ad alla chiusura, a l’autoreferenzialità.

I fratelli, non sono una nostra “conquista”, né tanto meno sono come noi li desideriamo. Sono opera viva del Creatore liberamente offerta a ciascuno di noi. Sono donati, appunto, e quindi non li possiamo scegliere né possedere, ma solo accogliere e amare così come sono, con le loro debolezze e diversità. Quelle differenze (e a volte dissonanze) che in definitiva solo il Signore può ricomporre perché, come direbbe il Papa, l’armonia non la facciamo noi, ma lo Spirito Santo.

Vito era un dono, Giuseppe era un dono. Il tunisino che ha ucciso Don Roberto è un dono? Si che lo è. Sono sicuro che Don Roberto l’ha già perdonato, come lo ha perdonato il Signore. La testimonianza dei martiri della carità, così come lo ha definito Papa Francesco non è mai vana.

Spesso si preferisce il profumo d’incenso, le liturgie pompose e ben preparate, bello, santo è giusto, ma don Roberto, come direbbe Candido Canavò ex direttore della gazzetta dello sport, che scrisse proprio un libro sui preti di strada apparteneva alla categoria dei “pretacci”, gente che all’incenso delle navate predilige la puzza delle strade, alla sicurezza della sacristia sceglie i crocicchi slabbrati, il paese degli scapestrati. Non hanno un partito d’appartenenza – anche se in tanti si affrettano a catalogarli come “preti-di sinistra o comunisti” – né guardano alla carnagione di chi si fa loro incontro: appartengono a Dio, punto. Sono persone libere che scelgono un Dio a caccia di anime ferite, irregolari, diversi, respinti ed emarginati… messi ai margini della società… scartati.

Ma cosa accomuna i due fratelli senza tetto a Don Roberto? La Strada, il luogo privilegiato di Dio.

Vito e Giuseppe hanno vissuto la strada perché in qualche modo l’hanno scelta, ed è proprio quella vita di stenti, di disordine interiore ed esteriore che li ha portati ad abbracciare sorella morte. Anche don Roberto ha scelto la strada, perché in strada c’è la carne di Cristo, anche lui ha scelto quel luogo che può toglierti la vita. Lui però l’ha donata per chi la vuole perdere, per chi forse non la sa amare, non la sa apprezzare e non solo per colpa propria, ma anche forse per colpa nostra che non sempre diamo testimonianza di amore.

Siamo chiamati ad amare la strada luogo dove la liturgia, la preghiera si fa vita vissuta. Perché? Semplice perché Egli è straniero, carcerato, ammalato, assettato e affamato non solo di pane ma di giustizia… è messo da parte e noi lo abbiamo riconosciuto amato, gli abbiamo sorriso, lo abbiamo ascoltato, lo abbiamo considerato fratello o sorella.

Questo il messaggio forte che la famiglia francescana ieri sera ai piedi della Madonna di Lourdes e davanti al Crocifisso di San Damiano, ha voluto inviare a tutta la città

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