Covid e mafia: su appalti si va verso nuova Tangentopoli

“Nel clima di emergenza Covid, l’Italia e  la Sicilia rischiano di andare incontro ad una nuova Tangentopoli.  Siamo tutti d’accordo sul fatto che le gare d’appalto debbano essere  aggiudicate nel più breve tempo possibile, ancora di più adesso che  occorre superare l’emergenza economica provocata dalla pandemia e  anche costruire un Paese più moderno. Però questo non significa  rinunciare alla trasparenza. Purtroppo i criteri imposti dal Decreto  ‘Semplificazioni’, se a livello nazionale favoriscono i soliti noti  che si stanno aggregando in mega gruppi rendendo più difficili i  controlli, in Sicilia rischiano anche di riportarci indietro di  quarant’anni, quando a decidere a tavolino le gare erano i boss  mafiosi, anche al di fuori delle stazioni appaltanti”.

Lo afferma Santo Cutrone, presidente di Ance Sicilia, che spiega i  rischi: “Espletare una gara fino a 5 milioni di euro con procedura  negoziata chiusa, invitando 5, 10, massimo 15 imprese a libera scelta  della stazione appaltante, senza che si conoscano prima i criteri  adottati per la selezione delle aziende, le modalità di sorteggio e,  soprattutto – fra una gara e l’altra – , se e come avviene la  rotazione delle ditte iscritte all’albo di quell’ente, non solo rende  eccessiva la discrezionalità della stazione appaltante e limita la  concorrenza, ma crea anche le condizioni affinché le imprese invitate  e qualcuno all’interno della Pubblica amministrazione possano mettersi  d’accordo fra loro, esattamente come avveniva ai tempi di ‘Mani  pulite’”.

“Questo – sottolinea Cutrone – può comportare due conseguenze: che  molti uffici tecnici delle stazioni appaltanti si rifiutino di bandire  gare per non esporsi al rischio di finire, loro malgrado, sotto  inchiesta, con ciò paralizzando, e non sbloccando, la realizzazione  delle opere; e che le imprese sane, se invitate, non partecipino alla  gara, in assenza della garanzia di trasparenza delle procedure”.

L’Ance Sicilia, sempre impegnata contro scorciatoie e sotterfugi che  alimentano l’illegalità a scapito del merito, fa appello, quindi, alla  competenza legislativa concorrente della Regione in materia di appalti  e chiede un deciso e immediato intervento del governo Musumeci, in  particolare dell’assessore Marco Falcone, affinché negozi con il  governo nazionale una pragmatica alternativa al Dl “Semplificazioni” –  per le gare di importo sotto la soglia comunitaria – che consenta in  Sicilia, per arginare il rischio di infiltrazioni della mafia, di  continuare ad applicare la legge regionale 13 del 2020 che, ancorché  sub iudice della Corte costituzionale, è ancora vigente e contiene un  criterio di aggiudicazione che garantisce procedure con massima  trasparenza e rapidità.

“Lo chiediamo – ragiona il presidente di Ance Sicilia – anche alla  luce di un ambiguo parere del ministero delle Infrastrutture che, se  da un lato conferma che il Dl ‘Semplificazioni’ prescrive il ricorso  alla procedura negoziata chiusa, dall’altro lato aggiunge che le  stazioni appaltanti ‘possono’, motivando la scelta, adottare la  procedura ordinaria aperta a tutte le imprese, purchè questo non  diventi l’alibi per perdere tempo, ma garantendo comunque il rispetto  dei quattro mesi previsti dalla legge per aggiudicare presto la gara.  Linea confermata da un parere del Dipartimento regionale tecnico.  Dunque – aggiunge Cutrone – piuttosto che fornire una chiara  indicazione da seguire, alle stazioni appaltanti vengono prospettati  come entrambi validi due percorsi opposti. Ciò finisce con lo  scaricare tutta la responsabilità sul libero arbitrio delle stazioni  appaltanti o sulla voglia o meno dei funzionari di rischiare in prima  persona. Ecco che, quindi, almeno in Sicilia occorre nell’immediato  emanare un provvedimento vincolante che imponga alle stazioni  appaltanti di applicare sin da subito la norma regionale, a garanzia  di legalità e a tutela da combine e intrallazzi, e che, assieme a  tutte le altre possibilità acceleratorie applicabili, assicuri  rapidità alle gare nel rispetto delle tempistiche previste, dando così  certezza di diritto a chi deve bandire le gare e alle imprese sane che  vogliono partecipare ad un libero e trasparente mercato delle opere  pubbliche”.

“Infine – conclude Cutrone – a quelle stazioni appaltanti che  dovessero decidere di adottare la procedura negoziata chiusa, va  chiarito di considerare gli avvisi di gara pubblicati sui siti  istituzionali non una mera comunicazione di ipocrita trasparenza, ma  come un invito alle imprese a partecipare in tempi rapidi anche  organizzandosi in associazioni temporanee; e va imposto di tenere i  sorteggi non in una chiusa stanza, ma collegati in videoconferenza con  chiunque abbia interesse a verificare la regolarità dell’iter, e di  rendere pubblici e trasparenti i criteri di rotazione e di  invito/partecipazione delle imprese”.

 

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