Emergenza Covid e interessi criminali, l’analisi di Messina in Azione

“La recente e deflagrante news circa la maxi operazione di riciclaggio da parte delle mafie, in primis la ndrangheta, che fa perno sulla controversa figura dell’imprenditore di Palmi, ci impone, più che mai in tempi di Covid, una seria riflessione sulla potenziale, talvolta già effettiva, infiltrazione delle organizzazioni criminali nel tessuto sociale, a cominciare dalle imprese” . E’ la premessa della riflessione del gruppo politico Messina in Azione, che ha sollevato un tema di attualità anche per la città.

“In attesa che le indagini facciano il loro corso (allo stato trattasi di intercettazioni, e i ventilati giri multimiliardari sono tutti da appurare), vediamo di attenerci a quanto sinora verificato. Il dato accertato – si legge nella nota –  è estremamente preoccupante: da aprile a settembre, a cavallo fra il lockdown e la fase 2, ben 43.688 aziende hanno cambiato titolare.

Nelle nuove compagini societarie compaiono soggetti provenienti da Paesi in blacklist per antiriciclaggio in un numero 4,5 volte superiore alla media. Mentre è di oltre 10 volte superiore alla media italiana la presenza nelle nuove proprietà di trust, fiduciarie e fondazioni che non consentono di risalire a un individuo con titolarità effettiva.

Dallo scorso marzo la Guardia di Finanza ha portato a termine sette operazioni che svelano interessi illeciti di personaggi vicini ai clan per accaparrarsi i fondi straordinari a sostegno delle imprese. Mentre un’inedita ricerca di Transcrime e dell’Università Cattolica di Milano segnala elementi di preoccupante opacità nel fiume di transazioni e passaggi di proprietà che non si è arrestato neppure con il lockdown.

Calenda già ammoniva un paio di mesi fa: “Le misure di sostegno immaginate per le imprese sono state immaginate male e non stanno funzionando“. Un approfondimento, anzi un affondo, in un’intervista recente a Matteo Richetti: “Il Governo fino a ora ha completamente sbagliato l’approccio al sostegno all’economia italiana. Le procedure di garanzie del credito sono lunghe e farraginose, troppe imprese sono ancora senza risposte, i bandi per le aziende si sono rivelati una presa in giro, con il sistema del Click Day che è peggio della lotteria. Per non parlare della gestione della cassa integrazione e dei bonus agli autonomi. Altro che navigator e assistenti civici, oggi per avere 50 mila euro servono 40 giorni e sono coinvolti Stato, Sace, Banche e Imprese. Il delirio della burocrazia.” A tal proposito l’indice europeo EQI (v. tabella) offre un quadro poco confortante*.

“I debiti della Pubblica Amministrazione – continua il Senatore – andavano pagati tutti, non meno della metà. Sarebbero 27 miliardi nelle casse delle imprese italiane. Si dovevano restituire IRAP 2019 e acconti 2020. Bisogna bloccare gli ammortamenti sui bilanci di quest’anno per non impoverire le aziende. I 55 miliardi del dl Rilancio andavano utilizzati in modalità diretta sulle imprese, altro che Alitalia.”

Quindi, come non immaginare l’ingerenza criminale e mafiosa in questo disastrato periodo?

Un articolo del Corriere di una settimana fa ci segnala uno studio di Transcrime-Università Cattolica di Milano, al quale abbiamo attinto, che ha analizzato le cessioni di attività negli ultimi mesi.

Pensate, nei primi sei mesi del 2020 l’Unità di informazione Finanziaria della Banca d’Italia ha ricevuto 52.558 segnalazioni per sospetto riciclaggio: una crescita del 4,7 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Un numero che va di pari passo con l’impennata di interdittive antimafia emesse dalle prefetture nei confronti di aziende controllate o condizionate dalle organizzazioni criminali. Nei primi nove mesi dell’anno il Ministero dell’Interno ne registra 1.637, nello stesso periodo del 2019 erano state 1.541, con un dato indicativo di come si muove la presenza criminale nel settore imprenditoriale: per la prima volta l’Emilia-Romagna (218 interdittive) scalza la Sicilia (178) e si piazza al terzo posto. In testa ci sono Campania e Calabria.

Attenti al lupo! Anzi agli sciacalli – conclude Messina in Azione – che si nutrono di inefficienza e mancata lungimiranza a protezione delle nostre imprese”.

 

 

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