Vivai Comunali, Diego Indaimo (candidato PD): “che fine hanno fatto?”

“C’è stato un periodo storico in cui Messina era un’eccellenza a livello nazionale per quanto riguarda il verde urbano e non mi riferisco solo agli anni 50 in cui veniva chiamata “La città giardino” grazie alle meravigliose composizioni che ornavano il centro città, ma anche agli anni più recenti. Messina poteva anche vantare un’attività vivaistica importante, tanto da essere la sede dell’annuale fiera del vivaismo che attirava centinaia di operatori da ogni parte d’Italia.

Le maestranze che lavoravano nel settore del verde urbano per il comune di Messina avevano una competenza ed una formazione ad altissimi livelli, tanto da essere punto di riferimento anche per altre città d’Italia e vincitrici di numerose competizioni nazionali”.

Così interviene in un’accorata lettera-denuncia alla stampa il candidato al Consiglio Comunale per il Partito Democratico, Diego Indaimo. 

“Che fine hanno fatto i vivai comunali?” si chiede allora.

“Il fulcro di questa eccellenza erano i vivai comunali nella quale i 70 giardinieri, dipendenti del Comune di Messina, provvedevano a creare le piante ed i fiori che avrebbero ornato le strade cittadine durante tutto l’anno.

La Serra abbandonata nel Cimitero di Messina

I vivai erano tre ed hanno avuto tutti un triste destino. Quello che si trovava in via degli Orti Reali è stato eliminato per fare spazio alla costruzione di palazzi. Quello del “Bosco di Camaro” è abbandonato da decenni. Il terzo, collocato all’interno del cimitero di Messina, accanto al cimitero degli inglesi, negli anni è stato ridimensionato per fare posto alla tumulazione delle salme. Allo stato attuale esiste una serra riscaldata con bancali in cemento e copertura a vetri irrecuperabile, un’altra serra di piccole dimensioni, sempre con copertura a vetri, chiusa per motivi di sicurezza e un paio di ombrai utilizzati al minimo delle loro potenzialità.

In un’area confinante con il vivaio esiste, poi, una moderna serra riscaldata, completamente abbandonata e lievemente danneggiata, posizionata in un sito che oltretutto non è collegato a quello che resta del vivaio, come si può vedere nella diretta video da me realizzata su Facebook”.

Spiega Indaimo.

“Questa mancanza di strutture e personale stabile – denuncia ancora – genera la situazione del verde urbano che è sotto gli occhi di tutti: la città è quasi del tutta sfornita di abbellimenti delle aiuole e gli interventi che vengono approntati spesso sono effettuati in maniera saltuaria ed hanno una durata limitata nel tempo. Il sindaco De Luca nel 2019 ha denunciato la situazione di degrado e di spreco gestionale del vivaio, con tanto di diretta Facebook. Purtroppo alla propaganda a mezzo social non è seguita un’azione concreta per risolvere il problema, che pure rientrava ampiamente nelle sue competenze di amministratore”. 

Cosa propone Indaimo?

“E’ necessario ricostruire un vero e proprio settore, all’interno del Comune, che si occupi solo ed esclusivamente di verde pubblico. Questa struttura andrebbe affidata a figure professionali competenti che vengano messe nelle condizioni di programmare e gestire in via ordinaria la manutenzione del verde e le relative forniture. A questo scopo, l’ufficio comunale del verde andrebbe dotato di risorse certe, anche pluriennali. Sarebbe, così, possibile sganciarsi, anche se non del tutto, dalla logica delle gare al massimo ribasso ed alle loro lungaggini burocratiche che non tengono conto dei cicli vegetali.

Con l’assunzione di giardinieri comunali stabili si potrebbe, inoltre, lavorare secondo il principio di stagionalità alla creazione di piante e fiori da collocare negli spazi verdi della città. Si potrebbe, così, generare occupazione stabile, migliorare l’ecosistema urbano e rilanciare l’indotto collegato al verde oramai quasi completamente scomparso a Messina.
Il vivaio comunale andrebbe, infine, recuperato con la ristrutturazione delle serre presenti e l’abbattimento del muro che attualmente separa il nucleo centrale dalla serra più moderna che andrebbe anch’essa restituita alla piena funzionalità. La struttura potrebbe anche diventare il fulcro di accordi operativi con l’istituto agrario Cuppari e con l’università per la realizzazione di programmi applicativi e di ricerca”.

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