COME USCIRE DA TRE ANNI DI PAROLE E DI FALLIMENTI

 

Giuseppe Buzzancaè stato eletto sindaco di Messina nel giugno del 2008 con poco più del 51% dei voti validi. Una elezione contestata per palesi irregolarità nelle fasi di voto e di scrutinio e una proclamazione avvenuta dopo lunghissimi conteggi e parziali “riletture” dei verbali dei presidenti di seggio. Buzzanca aveva già governato per nove anni la Provincia Regionale e nel 2003 diventò per la prima volta sindaco di Messina decadendo successivamente per il reato di peculato d’uso. Oggi siede ancora a Palazzo Zanca grazie ad un groviglio giudiziario che gli permette di mantenere un indecente doppio incarico: deputato regionale e sindaco.

Questa paradossale situazione è resa possibile sia perchè il suo tutore politico è il neoberlusconiano vicepresidente barcellonese del Senato della Repubblica Italiana Domenico Nania, sia perchè l’opposizione ufficiale, rappresentata dal deputato del Partito Democratico Francantonio Genovese, puntella scandalosamente il sistema amministrativo della coalizione di centro destra.

Il vero paradosso, oggi, è che Buzzanca e Nania polemizzano continuamente con il governatore dell’Ars Lombardo grazie al quale però riuscirono ad ottenere la risicata maggioranza del 51% al primo turno. Se infatti il Movimento per l’Autonomia non avesse presentato un proprio candidato e le sue tre liste elettorali sostenute fortemente da quasi tutte le testate giornalistiche, quei 14 punti percentuali di differenza con il socio del gruppo Franza non sarebbero stati possibili. Sta qui tutta la forza – iniziale – di Buzzanca e l’attuale debolezza. Oggi Lombardo è però governatore della Sicilia grazie al sostegno di Genovese e del Pd.

Siamo insomma davanti all’ennesimo teorema della “sovrapposizione della verità”. La società siciliana fondata “sull’indeterminazione” e sul “travisamento”. Camilleri non sarebbe riuscito a scrivere un romanzo ( dramma?) migliore di questo sudicio minestrone politico.

C’è però la realtà, la durissima realtà di una città di 250 mila anime che penano tra quotidiane difficoltà. Giovani che emigrano al nord o all’estero in cerca di fortuna. Giovani che si consegnano alla criminalità per spacciare, per regalarsi una vita spavalda o appena agiata. Un ceto medio che non esiste più. Commercianti, piccoli imprenditori, professionisti e impiegati che si mantengono attraverso i prestiti ad usura e la sempre maggiore espansione del “compro oro”.

Non c’è più messinesitudine, come ama giustamente chiamarla, sciascianamente, Peppino Loteta. Il suo “Romanzo Messinese” è ormai un sogno. La tradizione, la cultura dei messinesi non esiste più. Buzzanca e il suo protettore Nania hanno dato, continuano a dare, il colpo di grazia attraverso la cattiva amministrazione, il cattivo esempio, l’arroganza, la mancanza di etica politica. Ma non è solo colpa loro. Il sistema dei partiti è complice di questo disastro. Hanno esasperato l’illusione del ponte. Hanno lasciato putrefare l’azienda del trasporto pubblico. Hanno permesso la cementificazione spaventosa delle colline e dei villaggi. Lucrano dalla aziende municipalizzate come Amam e Messinambiente.

Lasciano che oltre 3500 tir attraversino a tutte le ore la città per favorire Franza e Matacena ( e i loro soci occulti e palesi). I servizi sociali, lo stato sociale, sono inesistenti se non per favorire cooperative amiche. Adesso si aspettano le “manifestazioni d’interesse” per immobili ed aree privilegiate da cedere dopo, ovviamente, la necessaria variazione della destinazione d’uso.  Come per l’ex Birra Messina e altre aree ex industriali o agricole. Tutto ciò mentre oltre 2000 sfollati a causa della tragedia di Giampilieri non ricevono più neppure i sussidi per l’affitto. Non parliamo delle nuove abitazioni alle quali avrebbero diritto.

Da tutto questo bisognerà uscire. Anche presto. Difficile prevedere come. Ricostruire la città nel senso di comunità è sempre più urgente. Credo ancora che le energie umane esistano. Bisogna lavorare per metterle assieme. Per ridare un senso alla vita di ognuno e di tutti. 

(SARO VISICARO)

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