TERREMOTO APOCALITTICO FRA MESSINA E REGGIO: REALTA’ SCIENTIFICA O TERRORISMO MEDIATICO?

 

La notizia dell’esistenza di un documento ufficiale firmato da sedici sismologi, marchiato anche Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), che parla di un possibile terremoto distruttivo fra Messina e Reggio Calabria, il cosiddetto “Big One”, sta facendo il giro del web. Questo terremoto potrebbe causare decine di migliaia di vittime, non per la potenza dell’evento in sé, ma a causa delle scelte umane e politiche in fatto di edilizia e urbanistica.

Lo studio è stato realizzato nel 2008, in occasione del centenario del famoso sisma che colpì le città dello Stretto alle 5 del mattino del 28 dicembre 1908, provocando 86mila vittime. Lo studio è introvabile sul web, ed appare in versione “più tecnica” nel sito dell’Università di Messina, con le cifre di eventuali danni economici e costi umani coperte da “X”. Se ogni X corrispondesse ad una cifra, le stime parlerebbero di danni pari ad alcuni miliardi di euro, ed alcune decine di migliaia di vittime.

Il Rapporto Barberi, uno studio realizzato alla fine del XX secolo e pubblicato nel 2001, parlava di almeno 40mila edifici pubblici, fra cui le scuole, ad alta vulnerabilità sismica nelle regioni del centrosud a maggior rischio sismico. Ma nonostante gli allarmi, mai sono stati realizzati dei lavori finalizzati all’adeguamento sismico delle strutture.

Nello studio realizzato nel 2008, si narra della variabilità delle eventuali vittime, dipendenti da vari fattori, quali l’epicentro del sisma e soprattutto l’orario: una violenta scossa in piena notte moltiplica notevolmente le possibilità di un numero maggiore di vittime, sorprese nel sonno come nel 1908 e come nel terremoto dell’Aquila, rispetto ad una scossa durante il giorno.

Nonostante gli scienziati siano tutti d’accordo sul fatto che non è possibile prevedere ora, data e luogo preciso di un terremoto, non negano che comunque il “Big One Italiano” potrebbe avvenire nello Stretto, nella faglia che più volte, nel corso della storia, ha sviluppato terremoti superiori al 7° grado Richter. Scosse che in altre zone del mondo adeguate al rischio sismico, come Giappone e California, causerebbero molte vittime in meno, rispetto a quelle che potrebbero verificarsi in Italia, e soprattutto al Sud.

Il documento del 2008 è solo uno degli ultimi allarmi lanciati in merito ad eventuali catastrofi al Sud. Addirittura un mese fa Alessandro Martelli, presidente del centro ricerche Enea di Bologna, aveva previsto un terremoto catastrofico fra Sicilia e Calabria tra il 3 ed il 6 giugno. Sono passati ormai 20 giorni dalla data prevista, ma nessuna catastrofe si è verificata. Recentemente anche un’inchiesta di Rai News si è occupata dell’elevato rischio sismico presente nella suddetta zona.

Ma quanto c’è di vero in questi allarmi? E’ solo terrorismo mediatico, o ci sono delle basi scientifiche? Che il territorio dello Stretto sia fra quelli a maggior rischio sismico in Italia ed in Europa è risaputo da decenni, ma la diffusione di alcuni documenti come quello del 2008, o di ricerche come quella di Martelli, potrebbe creare un allarmismo ingiustificato.

Certo il documento suddetto, essendo firmato dall’Ingv, uno degli istituti più attendibili, lascia perplessi anche i più scettici. Non è possibile rimanere inermi davanti a studi scientifici realizzati da specialisti ed attendibili, ma soprattutto sarebbe utile iniziare ad ascoltare chi dice che più che alla potenza di un eventuale sisma, si deve fare attenzione allo stato degli edifici, di cui gli eventuali crolli causano la maggior parte delle vittime.

Più che preoccuparsi degli allarmi, insomma, bisognerebbe rimboccarsi le maniche, lavorare, per rendere realmente tutti gli edifici, vecchi e nuovi, a “prova di terremoto”, come avviene nelle altre zone a forte rischio sismico in tutto il mondo. (SIMONE INTELISANO)

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