GAZZETTA DEL SUD: “USO IMPROPRIO DI TELECAMERE OCCULTE” SECONDO IL GARANTE PER LA PRIVACY, REPLICA DEL COMITATO DI REDAZIONE A MORGANTE

Telecamere occulte piazzate nell’area esterna di carico dei giornali e all’interno del plesso. Presso i locali sede della Gazzetta del Sud, il garante per la protezione dei dati personali riscontrava un’anomalia nel mese di aprile. Alcuni giorni fa, il 5 giugno, ad intervenire sulla vicenda l’amministratore delegato e direttore editoriale del quotidiano, Lino Morgante, poi rimbeccato dal Comitato di redazione.

 

Lo scorso 4 aprile il Garante per la protezione dei dati personali dichiarava illecito “il trattamento effettuato […] dei dati trattati in violazione di legge” e disponeva il “divieto del trattamento di dati personali mediante gli apparati di ripresa occultamente installati presso la sede della società, con obbligo per la società di mera conservazione dei dati eventualmente registrati ai soli fini di consentire l’attività di accertamento da parte delle competenti autorità e la tutela dei diritti degli interessati”.

 

A spingere a tali conclusioni erano stati gli esiti degli accertamenti effettuati l’8 marzo 2012 dal Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza presso le sedi della Società Editrice Siciliana s.p.a, società editrice della testata giornalistica Gazzetta del Sud. Dalle verifiche era emerso che già nel 2007 presso la sede della società era stato installato, per motivi di sicurezza e tutela dei beni aziendali, un sistema di videosorveglianza composto di diciannove telecamere in grado di visualizzare le immagini mediante sei monitor, cinque dei quali utilizzati per la visione in tempo reale e uno per la visione delle immagini registrate.

Secondo quanto redatto nel documento prodotto dal Garante della privacy, quindici delle diciannove telecamere“sono celate all’interno di rilevatori di fumo e all’interno di segnali luminosi delle uscite di emergenza” e, più precisamente, “due sono poste esternamente ad inquadrare la zona di carico dei giornali, sei sono poste nei corridoi dei tre piani della struttura, quattro posizionate nel garage, una nel locale compressori, una nel locale adibito ad archivio e una nell’ufficio del dirigente tecnico”. Il punto successivo del documento specificava che questi ultimi due siti, il locale adibito ad archivio e l’ufficio del dirigente tecnico, fossero frequentati dai dipendenti della società che ivi prestano la propria attività.

 

Ad essere allarmante è il fatto che, pur essendo consapevoli della presenza nello stabile di un impianto di videosorveglianza, nel corso degli accertamenti alcuni dipendenti hanno asserito di non conoscere né il numero di ambienti videosorvegliati, né la posizione e il numero delle telecamere.

Dal momento che le norme in materia prevedono un’informativa chiara ed efficace, l’utilizzo è risultato non regolamentare dato che: sono mancati sia un accordo con le rappresentanze sindacali che una richiesta di autorizzazione da parte della società all’ufficio periferico competente del Ministero del lavoro; il tempo di conservazione delle immagini è risultato pari a circa sei giorni, nonostante sia previsto un tempo di conservazione non superiore a 24 ore; l’informativa che avvisa della presenza del sistema di videosorveglianza, prevista dall’articolo 13 del Codice, è stata resa mediante “la sola affissione presso la hall dello stabile di un cartello in formato di circa 15×15 centimetri” posto a circa tre metri di altezza. L’informativa risulta quindi insufficiente e inadeguata.

 

Con riferimento al Codice in materia di protezione dei dati personali e al Provvedimento generale del Garante in materia di trattamento di dati personali effettuati tramite sistemi di videosorveglianza (8 aprile 2010) e visto l’utilizzo non regolamentare del sistema di sorveglianza, la Guarda di finanza ha contestato alla società la violazione dell’art. 13 del Codice e l’inosservanza del provvedimento del garante, risalente all’8 aprile 2010.

 

In qualità di amministratore delegato e direttore editoriale della Gazzetta del Sud, il 5 giugno Lino Morgante precisava che non è mai stata posizionata alcuna telecamera all’interno dei luoghi di lavoro in cui abitualmente operano gli impiegati e che l’Autorità Garante per la Privacy non ha imposto alcuna sanzione pecuniaria, limitandosi piuttosto ad impartire le prescrizioni suddette cui, riferiva Morgante, la società si sarebbe subito adeguata.

 

Ma le dichiarazioni di Morgante non sembrano soddisfare il Comitato di redazione del quotidiano che immediatamente replica. I componenti del Cdr sostengono che le asserzioni di Morgante sarebbero non veritiere o parziali. Contestano il fatto che le installazioni non abbiano riguardato gli ambienti di lavoro, dal momento che avevano interessato, oltre che i corridoi, anche il locale adibito ad archivio. Come previsto dalla norma, inoltre, precisano che “la raccolta, la registrazione, la conservazione e, in generale, l’utilizzo di immagini configura un trattamento di dati personali” e, dunque, non solo l’eventuale utilizzo dei dati, ma l’intera procedura di raccolta e conservazione è vietata. Infine, se è vero che nessuna telecamera era stata installata nei luoghi di lavoro e l’azienda si era adeguata alle prescrizioni del Garante, il Comitato di redazione non comprende per quale motivo durante gli incontri con il Consiglio di Fabbrica che hanno portato alla stipula del protocollo d’intesa per un nuovo impianto, l’Amministratore delegato e il Direttore tecnico abbiamo nascosto alle rappresentanze sindacali l’esistenza di questo provvedimento già notificato dal Garante e la conseguente natura di mera sanatoria del nuovo protocollo d’intesa. (LAURA MANTI)

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