LA CAVALLERIA RUSTICANA: L’ARDORE SICILIANO CHE IL TEMPO NON CAMBIA

Si leva un lamento antico di oltre un secolo, che nella stessa Sicilia in cui Verga l’aveva ambientato viene riproposto al pubblico. E’ il pianto di Santuzza, tradita dal suo amato e ferita nell’onore prima ancora che nei sentimenti, quello della donna che grida maledizioni al promesso sposo, sorpreso fedifrago, inginocchiata ai piedi di una croce che è di per se stessa l’unico elemento scenico sul palco.

 

Niente scenografie di paesaggi antichi e piazze gremite, niente più che qualche blocco di legno legato un pezzo all’altro in modo da comporre quell’immagine che rappresenta la sacralità ma anche il dolore e la redenzione.

 

 La Cavalleria Rusticana di Mascagni viene inscenata al Teatro Greco dal regista Enrico Castiglione, il quale predilige un tenore assolutamente essenziale e terribilmente realista. Nel centocinquantenario della nascita del compositore, a Taormina viene riproposta l’opera in un unico atto, tratta dalla novella di Giovanni Verga. L’orchestra diretta dal maestro argentino Luiz Fernando Malheiro accompagna le vicende di Santuzza, Lola, Turiddu, Alfio e Lucia, i cui personaggi sono interpretati rispettivamente da una travolgenteDaniela Dessì, Giuseppina Piunti, Fabio Armiliato, il baritono Valdis Jansons e la “materna” Maria Josè Trullu.

 

 Innamorata sulla scena del suo Turiddu che nella vita le è compagno di lavoro e marito, la Dessì tira fuori la carica della donna ferita dall’agire del fidanzato, esprime egregiamente le contraddizioni che la vogliono affranta e arrabbiata, iraconda e dilaniata dalla disperazione del disonore che come una macchia la tinge e sporca fino all’anima, non rendendola degna neppure di varcare la soglia della chiesa in quel giorno di Pasqua che è culla della storia. I personaggi femminili trionfano sul palco, riuscendo a rappresentare le più diverse forme di affetto: quello della giovane disonorata; quello di una madre devota; quello della femmina avvenente che era l’amore del passato e oggi diviene il peccato del quale l’uomo non riesce a fare a meno. Quello stesso uomo che mente alla giovane che un giorno gli sarà sposa, guardandola negli occhi e giurandole d’esserle fedele, offeso addirittura dall’accusa rivoltagli. E lei perde tutto, dalla fiducia alla dignità -penseremmo oggi- lasciandosi strisciare e abbandonare da chi probabilmente una donna del XXI secolo troverebbe logico mettere alla porta. Ebbene, l’abilità di Castiglione e dei suoi interpreti è stata proprio quella di mostrare la sfaccettature di un sentimento che per quanti decenni, mode, tendenze, stravolgimenti sociali e culturali possano passare, resta sempre identico a se stesso, immutato nella violenza e nella passione piuttosto che nell’innocenza con cui è in grado di manifestarsi e all’occorrenza infuocare di ardore o distruggere di dolore chi lo nutra. Nonostante l’ottima resa della protagonista, alla quale vengono rivolti i più scroscianti applausi, la platea risponde in modo piuttosto tiepido alla messa in scena, senza mostrare particolare consenso. A differenza di quanto avviene di solito, all’uccisione di Turiddu che chiude l’opera non seguono I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo -che saranno rappresentati il 10 e il 14 agosto- bensì un’esecuzione dei Carmina Burana del Coro Lirico Siciliano diretto dal maestro Francesco Costa la cui resa non convince granché il pubblico, che in gran parte lascia il teatro in modo piuttosto scortese verso gli artisti ancora sul palco.

 

Dopo Il Rigoletto, che ha aperto la stagione della lirica, ecco dunque Cavalleria Rusticana alla quale seguirà nei prossimi giorni proprio I Pagliacci: l’augurio che sentiamo di rivolgere alla compagnia tutta è che le future performances suscitino maggiormente l’entusiasmo dei presenti. Alla prima non è sfuggito ad occhi vigili un parterre tutto “politico”: dalla consigliera comunale Lucy Fenech all’assessore Filippo Cucinotta al sindaco Renato Accorinti che, quest’estate, sembra star godendo appieno della programmazione taorminese, spaziando dai concerti alle premier. Sarà solo per via l’amore per il teatro o non piuttosto per una (ri)trovata competenza del neoamministratore sulla gestione di public relation con la provincia ionica, oggi più che mai utili e necessarie per la realizzazione di certi progetti relativi al ritorno di Messina a quei fasti che le erano propri e di cui resta testimonianza solo nelle foto d’archivio di Vizzini? (ELEONORA URZI’)

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