GRAVITY, GRANDE CINEMA A GRAVITA’ ZERO

Ero ancora provato dal filmaccio della Coppola, che mi ha provocato non pochi problemi, quando improvvisamente qualcosa, che io chiamo “Grande Divinità del Cinema e dell’Intrattenimento in Generale“,  ha fatto in modo che io vedessi Gravity, ultimo lavoro del talentuoso Alfonso Cuaròn (il tipo messicano noto perlopiù perchè ha diretto il Prigioniero di Azkaban, episodio migliore della serie di Harry Potter).
E’ molto difficile definire Gravity e qualunque cosa si possa dire del film risulterà sempre troppo poco per poter descrivere a parole l’esperienza che è la visione del film.
Gravity è tutto ciò che un film dovrebbe essere, una storia a livello 0, che grazie alle sole immagini, riesce a raccontare una storia epica, universale, bellissima, struggente, dove le pochissime parole non servono a darci informazioni, ma solo a rendere più immersiva l’immedesimazione; in altre parole i dialoghi sarebbero potuti essere anche in cinese e non avrebbero intaccato nè la comprensione del film nè le forti emozioni che trasmette al pubblico.
Gravity è una lezione di Cinema, di Grande Cinema, che ci dimostra come sia possibile parlare direttamente all’anima di chi guarda senza nessun filtro, che restituisce al Cinema la sua forma originale, cioè il concetto del racconto tramite immagini (cosa di cui noi italiani siamo maestri. Nel non farlo ovviamente).
E’ la lotta per la sopravvivenza, la solitudine nell’affrontare una delle più grandi contraddizioni della razza umana, così ambiziosa da voler conquistare lo spazio, ma anche così terrorizzata da rendere la paura dello spazio stesso talmente radicata da essere l’equivalente del terrore infantile del buio.
Basta il pazzesco piano sequenza iniziale per catapultarci letteralmente nello spazio assieme ai protagonisti, a respirare al loro stesso ritmo, ad arrancare quando manca l’ossigeno, ad essere terrorizzati prima, rassegnati dopo, e infine a trovare la forza per lottare comunque per la vita, nonostante la nostra piccolezza di fronte all’immensità e alla bellezza dell’Universo.
E questo è solo il primo livello, perchè il film fa ancora di più: scavando un livello al di sotto della storia, ci racconta di come l’essere umano nasca e viva da solo, da quando il cordone ombelicale si spezza a quando la nostra vita inevitabilmente finisce; e tutto questo è ancora una volta raccontato attraverso delle allegorie che nonostante siano immediate, ed alle volte un pelo troppo sottolineate, non risultano mai retoriche nè appesantiscono mai la fruibilità del film.
E che dire di Sandra Bullock? Una prova straordinaria, per un’attrice che fino a poco prima del film consideravo mediocre, la quale ha la faccia e il fisico giusto per interpretare un ruolo difficilissimo e pesantissimo: nonostante l’assenza di gravità un’interpretazione sbagliata avrebbe rovinato tutto; fortunatamente accade il contrario perchè Sandra Bullock in Gravity è la perfetta sintesi della razza umana, imperfetta per un’interpretazione perfetta.
Il 3D è esattamente quello che dovrebbe essere un 3D: ti prende per mano e ti accompagna letteralmente dentro il film, rendendo l’esperienza ancora più immersiva di quanto già non fosse, e questo grazie anche ad una regia tridimensionale di per sè, insomma, paradossalmente il film sarebbe in 3D anche senza il 3D.
Come ebbi modo di dire all’uscita dalla sala, Cameron ed il suo Avatar devono andare a nascondersi di fronte a Gravity. Finalmente posso dire che il sovrapprezzo è pienamente giustificato.
Allons-y Alfonso, grazie a te ho fatto pace con il Cinema.

(Voto 9/10)

(U.P.)

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