MEGLIO RICERCATI CHE RICERCATORI?

E’ da parecchi anni che in Italia non si fa del buon cinema; certo, ci sono delle eccezioni qua e là, ma le eccezioni non sono la regola. Persino la commedia è il nostro punto forte solo nell’immaginario collettivo; se pensiamo che il film che ha rivitalizzato il mercato quest’anno è un film mediocre ad essere generosi (Sole a Catinelle), si capisce come ci sia un problema serio. Soprattutto se confrontiamo la nostra cinematografia con quella di altri paesi, nemmeno troppo lontani.
Tutto questo per me rappresenta un tradimento: come dico sempre, noi siamo quelli che abbiamo insegnato agli americani a fare film western!
Ogni tanto capita di vedere un trailer che sembra diverso, un trailer che fa nascere una speranza (che poi è il mestiere del trailer quello di rendere il film appetibile), ed io ci casco sempre; divento ottimista, mi creo delle aspettative, mi sento fiducioso, e puntualmente, dopo aver visto il film, mi sento tradito e mi incazzo.
Però stavolta è diverso: il trailer di Smetto Quando Voglio è molto carino, ma il film è decisamente meglio, non “carino”, ma proprio un “bel film”; ed è un’opera prima, il che rende la faccenda molto più interessante.
Il regista, Sydney Sibilia, è giovane (32 anni), non ha fatto nessuna scuola di cinema (se non aver visto molti film e molte serie tv, quelle giuste aggiungo io se è vero che tra i suoi film preferiti troviamo titoli come Corto Circuito o Salto Nel Buio), ha viaggiato molto, e avremo modo, spero, di conoscerlo giovedì 13 febbraio quando sarà ospite dell’Università di Messina presso la Multisala Iris. Ed è il miglior esordio italiano da moltissimi anni a questa parte.
L’idea di partenza la si capisce bene dal trailer: un geniale ricercatore universitario, precario ovviamente, viene cacciato dall’Università e un po’ per vendetta, un po’ per sopravvivenza inventa una droga perfettamente legale, ed assieme a dei suoi colleghi altrettanto geniali mette su una vera e propria banda di delinquenti; il contrasto tra le azioni criminali dei protagonisti e la loro indole totalmente opposta è il motore comico di un film, in cui succedono moltissime cose (vivaddio! succedono! non ce le dicono a parole!), fino ad arrivare ad un finale che è un capolavoro: non consolatorio, non buonista, ma cattivissimo.
Il film diverte, si ride, in alcuni casi si ride molto, è avvincente, ed ha dei momenti favolosi (per esempio, oggi so qual è il posto più pericoloso del mondo), ci sono persino delle scene d’azione (in un film italiano delle scene d’azione? sì).
L’estrema saturazione della fotografia e la scelta mai casuale dei colori (scelte azzeccatissime), rendono bene l’idea che al di sotto della superficie da commedia che stiamo vivendo, ci sia qualcosa di profondamente sbagliato, una specie di eco che rende il film sì divertente, ma con un retrogusto amaro; tutto questo restando sempre entro i confini dell’intrattenimento.
Il cast è perfetto, gli attori sono tutti molto bravi e giusti nel loro ruolo (ed ho idea che siano anche stati diretti molto bene): il mio preferito, forse per una questione “fisica” è Stefano Fresi (il chimico); Edoardo Leo è giusto nel ruolo del protagonista, ottimo soprattutto nelle scene corali, tutti gli altri si alternano bene nel ruolo di coprotagonisti: Valerio Aprea (uno degli sceneggiatori di Boris, quello che aveva il monologo più bello della serie, qui uno dei latinisti), Paolo Calabresi (l’archeologo), Libero De Rienzo (l’economista), Pietro Sermonti (l’antropologo) e Lorenzo Lavia (l’altro latinista). Completano il cast Neri Marcorè (Murena) e Valeria Solarino, compagna del protagonista; due piccole parti ai The Pills Matteo Corradini e Luca Vecchi (l’ancora tossico e l’ex tossico rispettivamente).
Una ventata d’aria fresca nel panorama cinematografico italiano. Da vedere.
(8/10)

 

(U.P.)

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