SANREMO 2014, TRA EUROVISIONE E TWITTER: CAMBIATE NOME AL FESTIVAL

Premessa doverosa: chi vi scrive non è un tecnico, nessuna velleità di atteggiarsi a musicologo. Un profano magari con gusti discutibili e un po’ retrò, che crede che negli ultimi 20 anni la musica in generale – compresa quella italiana – abbia svoltato verso la mediocrità, imputtanendosi sempre più lungo una inesorabile parabola discendente. Ma, da italiano, è sempre stato un grande amante di Sanremo, sin da bambino quando il sabato della finale gli veniva spenta la tv perché i tempi per la proclamazione si dilungavano. Tv che veniva puntualmente riaccesa di soppiatto col volume al minimo, irresistibile la tentazione di conoscere il nome del vincitore: Morandi, Tozzi e Ruggeri rispetteranno i favori del pronostico? Cocciante o Renato Zero, chi la spunterà?

Di acqua sotto i ponti da quei tempi ne è passata tanta, ma questa 64ma edizione appena inaugurata è la prima vissuta in pieno boom Twitter, imprescindibile megafono della comunicazione 2.0. Persino Israele e Hamas ormai si preannunciano gli attacchi sul popolare social network, aggiornando poi in tempo reale lo score degli obiettivi colpiti, figuratevi l’utente comune ieri sera! Dalle 21 in poi tutti ad improvvisarci critici, esperti, Gialappi e giudici inappellabili, utilizzando l’apposito hashtag #Sanremo2014. Ci può stare, era ampiamente previsto: orecchie a Rai 1 e occhi a pc, tablet e smartphone, il giochino è riuscito. Con buona pace di chi, a sua volta, criticava quelli che criticavano: “Sanremo? Roba da museo, meglio l’imperdibile telefilm americano giunto alla puntata 31 della 52ma serie o il nuovo film di Pinco Pallino in streaming”. Per carità, de gustibus non disputandum est ma – piaccia o non piaccia – il Festival resta l’ultimo baluardo del piccolo schermo che fu ed è normale che, per 5 giorni l’anno, i fari siano puntati sul Teatro Ariston.

Dove si vuole andare a parare? È presto detto. Come da tradizione, la celebre kermesse canora viene trasmessa in tutto il vecchio continente e francamente – tornando ai social – leggere gli sberleffi degli utenti stranieri non è stato affatto edificante. Come dar loro torto, però? Dopo la storica sigla dell’Eurovisione ecco apparire l’enfatico: Sanremo 2014 – 64° Festival della Canzone italiana. Con il dovuto rispetto, la musica nostrana non è rappresentata dai seguenti 14 big in gara: Noemi, Renzo Rubino, Raphael Gualazzi & The Bloody Beetroots, Perturbazione, Cristiano De Andrè, Arisa, Frankie Hi-Nrg, Giuliano Palma, Riccardo Sinigallia, Antonella Ruggiero, Giusy Ferreri, Ron, Francesco Renga, Francesco Sarcina.

Ormai è così da tanti anni e noi lo sappiamo bene, ma adesso tramite il web possiamo percepire tutti l’immagine che esportiamo all’estero. Chi si aspetta di assistere ad uno show, che esalti l’optimum del panorama artistico del Bel Paese, nel momento in cui – prima ancora di ascoltare i pezzi – va a leggere i nomi dei partecipanti…beh, non può che farsi una risata. Vagli a spiegare i condizionamenti delle case discografiche e lo snobismo dei principali interpreti che temono l’onta di un negativo piazzamento in classifica. Come se la graduatoria sanremese fosse comunque foriera di successo o mannaia ineluttabile. Il 25mo posto (su 26) di “Vita spericolata” di Vasco Rossi nel 1983, il 21mo (su 22) di Zucchero con “Donne” nel 1985, il 9no di Mia Martini con “Almeno tu nell’universo” e il 15mo di Raf con “Cosa resterà degli anni ‘80” – entrambi nell’edizione del 1989 – fungono al riguardo da esempi lapalissiani.

E allora, nell’attesa (vana) che prima o poi l’industria musicale abbia un sussulto e ridoni lustro a Sanremo, mandando in avanscoperta i grandi per una “Champions edition ” magari condotta da Fiorello, senza eliminazioni e comunicando soltanto i primi 3 classificati, così da evitar loro (che comunque vivono ugualmente alla grande, fosse solo per i diritti SIAE) magre figure, vi lasciamo un elenco di cantanti in ordine sparso. Qualcuno lo si sarà dimenticato, i fenomeni fuoriusciti dai talent-show non sono stati volutamente citati (quattro di loro hanno vinto le ultime cinque edizioni, può bastare), parecchi recentemente – anche in questi giorni – hanno fatto capolino in Liguria specie nei panni di Ospiti, tra loro sono diversissimi, piacciono o meno, ma sicuramente rappresentano al meglio le italiche note:

Gianna Nannini, Jovanotti, Andrea Bocelli, Mario Biondi, Luciano Ligabue, Vasco Rossi, Elisa, Cesare Cremonini, Antonello Venditti, Neffa, Zucchero, Negrita, Max Gazzè, Alessandro Mannarino, Elio & Le Storie Tese, Riccardo Cocciante, Luca Carboni, Daniele Silvestri, Niccolò Fabi, Modà, Eros Ramazzotti, Biagio Antonacci, Tiziano Ferro, Francesco De Gregori, Claudio Baglioni, Franco Battiato, Laura Pausini, Enrico Ruggeri, Litfiba, Negramaro, Vinicio Capossela, PFM, Francesco Guccini, Giorgia, Pino Daniele, Raf, Fiorella Mannoia, Alex Britti, Samuele Bersani, Tiromancino, Subsonica, Simone Cristicchi, Renato Zero, Carmen Consoli, Caparezza…Gigi D’Alessio e Nek. Sono 47, per fare conto pari si possono sempre riesumare gli evergreen Al Bano, Anna Oxa e Toto Cutugno, tre aficionados che potrebbero anche avere la residenza nella città dei fiori. Peccato che, per evidenti ragioni di spazio, questa lista non possa essere divulgata con una cinguettata.

Frattanto, sarebbe il caso di cambiare oggi stesso la nomenclatura e rimuovere quell’equivocabile “della Canzone italiana”, basta 64° Festival di Sanremo: eviteremmo di farci prendere per i fondelli oltre confine per l’ennesimo motivo.  (JODY COLLETTI)

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