LE GRANDI LOBBY INSORGONO, ECCO PERCHE’ L’AUTHORITY GIOIA TAURO – MESSINA E’ RIMANDATA

Maurizio Lupi

Non esiste solo il caso Messina – Gioia Tauro o Messina – Catania – Augusta. Savona non vuole accorparsi con Genova, Salerno con Napoli, Trapani con Palermo. Ci sono questi e altri dissidi dietro il rinvio, ieri in Consiglio dei ministri, della riforma delle Autorità portuali e il conseguente stralcio dal decreto Sblocca Italia.

A Trapani, a prendere posizione contro l’annessione a Palermo sono gli operatori e gli imprenditori dello scalo che, con l’istituzione del Consorzio del porto di Trapani, hanno deciso di fare sentire la loro voce per promuovere lo sviluppo economico del porto contrastando quella che secondo loro è “un’azione speculativa di accorpamento, subordinazione e controllo da parte di qualsivoglia Autorità portuale e logistica”.

In subbuglio pure la Liguria. C’è già chi parla di occasione persa e, lo scorso 31 luglio, si è dimesso da Assoporti il presidente dell’Authority di Genova, Luigi Merlo. Parallelamente, i parlamentari liguri del Pd si oppongono all’accorpamento di Savona a Genova. La stessa Autorità portuale di Savona teme di vanificare gli sforzi da 600 milioni di euro per diventare porto Core, come ha spiegato il presidente Gian Luigi Miazza al tavolo con il governatore della Liguria. Il vicesindaco di Savona, Livio Di Tullio si chiede “se è un decreto che non guarda in faccia nessuno perché viene salvato il porto di Civitavecchia”. A difendere le loro ragioni scende in campo proprio il presidente della Regione, Claudio Burlando, che chiede di riformare ma in meglio. Proprio tra l’ex ministro dei Trasporti del primo governo di Romano Prodi e l’attuale, Maurizio Lupi, si sarebbe innescato un duro braccio di ferro. Il primo, a capo della cosiddetta lobby genovese, vorrebbe che le nuove realtà fossero delle Spa sebbene con il 90% di capitale statale e il 10% regionale. Lupi, che sta seguendo la linea di Debora Serracchiani, governatore del Friuli Venezia Giulia, braccio destro di Matteo Renzi e armato dalle lobby dei porti del Nordest e del nord Europa, è per il mantenimento della matrice di enti di Stato.

Claudio Burlando
Claudio Burlando

E i problemi non finiscono qui. Ha suscitato polemiche, negli ultimi tempi, il diktat dello stesso Lupi che non intende rinnovare i vertici delle Authority mettendo alla presidenza soggetti non in possesso di una laurea compatibile con l’incarico. Le stesse modalità con cui i nuovi presidenti verranno eletti rimane un rebus, così come il ruolo di Regioni e Comuni.

Come ha riportato lo scorso primo agosto Il Piccolo di Trieste, la procedura di nomina dei presidenti non passerebbe più dalle terne presentate da Comuni, Provincia e Camera di commercio tra cui il ministro poteva scegliere solo in accordo con il presidente della Regione, bensì attraverso una designazione pressoché diretta da parte del ministro stesso al quale spetterebbe l’ultima parola se non vi fosse concordanza di vedute con il governatore. In questo aspetto della riforma la stessa Serracchiani avrebbe visto una forzatura da parte di Lupi con lo scopo principale di confermare, a Trieste, Marina Monassi, il cui mandato scade a metà gennaio 2015.

Va ricordato, in ultimo, che con la nuova legge le Autorità portuali passerebbero da 24 a 15 e assumerebbero la denominazione di Distretti. I Comitati portuali verrebbero aboliti, derubricati forse a Commissioni consultive. (@FabioBonasera)

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