Perché i bambini non mangiano, lo rivela l’Università. Ecco i cinque motivi

Si chiama alimentazione responsiva. È un nuovo approccio che sempre più la medicina persegue per sviluppare al meglio i trattamenti di nutrizione in età pediatrica. È quanto emerge da un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Clinical Nutrition, e coordinato dal dottor Claudio Romano dell’Università di Messina in collaborazione con l’Università di Gerusalemme ed un gruppo di gastroenterologi pediatri israeliani. Per la prima volta si focalizza l’attenzione sui così detti Nofed -“non organic feeding disorders”; termine utilizzato per identificare la condizione di quei bambini che, pur non avendo alcun problema organico, rifiutano il cibo o assumono comportamenti sbagliati al momento del pasto. Si tratta di disturbi della condotta alimentare, oggi sempre più entrati a far parte dei problemi con cui pediatri e genitori sono chiamati a confrontarsi, specie nei bambini sotto i sei anni.

Nessuna malattia in questi casi, dunque, ma abitudini che – se non modificate – possono sfociare in patologie di malnutrizione più severe.  Dati sviluppati a livello internazionale mostrano un quadro in cui i genitori (circa dal 20 al 60%) riferisce che il proprio figlio non mangia come dovrebbe: è insofferente, ha paura del cibo e ha un peso inferiore rispetto all’età anagrafica.

Sono state classificate cinque potenziali cause scatenanti dei disturbi alimentari, ciascuna identificata con una fase. La fase sensoriale è quella in cui i bambini percepiscono il cambiamento nella propria alimentazione e non accettano lo svezzamento; si è nella notturna se essi scelgono di mangiare in base ai propri bisogni, sfruttando le ore della notte e del sonno, piuttosto che quelle del giorno. Subentra quella persecutoria quando rifiutano il cibo ma sono pressati dai familiari che pur di farli mangiare accettano qualsiasi condizione, anche che lo si faccia camminando o correndo; vi è anche una fase post traumatica legata a fatti o eventi che possono aver generato stress o paura e che alimentano una certa inappetenza; infine una temporale quando viene ignorato il reale bisogno di fame del bambino e si lascia che il pasto duri anche molte ore prima che venga completato.

Lo studio approfondisce le tipologie di comportamento e analizza da un punto di vista scientifico come mutamenti orientati sulla base delle indicazioni degli specialisti possano favorire una ripresa corretta dell’alimentazione.

“Il bambino non deve essere forzato – sottolinea Romano –  è un processo che va sviluppato soprattutto all’interno della famiglia, ma che deve essere supportato in una prima fase dallo stesso pediatra di base, spesso il primo ad intercettare disturbi nell’alimentazione”.

Ed è proprio orientato ad accrescere la cultura e la sensibilità dei professionisti sul territorio il Corso di Nutrizione Pediatrica, con il coordinamento scientifico di Romano, che si svolgerà il 22 e 23 novembre prossimi all’hotel Hilton di Giardini Naxos . Destinato ad operatori e pediatri di base, l’incontro scientifico vede la partecipazione di professionisti siciliani e diversi specialisti in nutrizione del Bambin Gesù di Roma e del Gaslini di Genova. L’obiettivo è quello di analizzare il tema della nutrizione a 360 gradi: dalle situazioni speciali a quelle patologiche più gravi.

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