Bomba nella scuola ma la città tace. E il sindaco si nutre di pace dal collega di Mafia Capitale

La misura è colma. Personalmente ritengo esista un limite oltre il quale la relatività sparisce per lasciare il posto all’oggettività e all’evidenza dei fatti. Così, sebbene stravagante, può esserci chi a una città pulita e ordinata ne preferisca una sporca e caotica. Chi a uomini con chiome fluenti anteponga i calvi. Questione di gusti. Al limite, di eccentricità. Ma prediligere dei cadaveri rispetto a 25 bambini di 7 anni vivi è mostruoso, aberrante, criminale. Fin troppo evidente il riferimento a quanto accaduto l’altro ieri nella scuola elementare Mazzini di via Natoli, a Messina. Come è fin troppo ovvio il nome da dare all’accaduto: attentato.

Qualcuno, è vero, potrebbe essere indotto a sorridere, addirittura a ridere, rievocando Beppe Braida, comico che, qualche anno fa, a Zelig, faceva il verso a Silvio Berlusconi proprio esclamando “attentato!”. Qualcun altro potrà pensare che la spasmodica ricerca della notizia a effetto possa spingermi a esagerare nell’interpretazione dei fatti, scomodando termini che nell’immaginario collettivo sono utilizzati per ben altri e più altisonanti contesti. Nell’uno e nell’altro caso si tratta esclusivamente di una tipica reazione della mente, oltre che dell’animo umano, in base alla quale qualunque tragedia o cataclisma debba necessariamente riguardare persone o luoghi altri.

Del resto, perché sia chiaro che quello di avantieri è stato né più e né meno un attentato è sufficiente leggere il significato del termine in un qualunque vocabolario: “Atto con cui si attenta a persona o cosa, e che, nel diritto, è considerato un reato già consumato anche se non si produce il danno e il colpevole non raggiunge il fine che si era proposto”, recita la Treccani. Per completare il quadro e comprendere appieno quali conseguenze potevano generare le schegge di vetro impazzite che la deflagrazione ha sprigionato fino a raggiungere ogni angolo dell’aula, qualora la stessa non fosse stata evacuata per tempo, è sufficiente fare un semplice nome. Anzi, un nome e un cognome: Melissa Bassi. Ammazzata a 16 anni, il 19 maggio 2012, alle 7,50, mentre si apprestava a entrare a scuola, l’istituto professionale Morvillo Falcone (nome che fa rabbrividire, date le circostanze) di Brindisi, da una bomba preparata con tre bombole di gas e posizionata nelle vicinanze. Il colpevole, Giovanni Vantaggiato, che a causa del suo gesto ha ferito altre nove persone, alcune in modo grave, è stato condannato all’ergastolo un anno dopo. Vantaggiato, benzinaio quasi 70enne, voleva compiere un atto dimostrativo. Per questo, invece che agire di notte ha preferito aspettare la luce del giorno, quando tutti potevano vedere. E morire. I giudici della corte d’Assise, al reato di strage, hanno aggiunto la finalità terroristica.

Ma cosa sarebbe successo se Melissa Bassi non fosse morta, se nessuno fosse rimasto ferito? Si dice sempre che nella vita non esistono le controprove. Eppure, se fossimo più saggi, più sensati, se facessimo tesoro delle esperienze, sapremmo che non è così. I fatti del maggio 2012 sono la controprova di quanto poteva accadere l’altro ieri alla scuola Mazzini se i bambini non fossero riusciti a uscire per tempo dalla classe. E quanto sta avvenendo a Messina nelle ore successive all’esplosione della bomba carta è la controprova di quanto si sarebbe verificato a Brindisi se nessuno avesse perso la vita.

Qui, in riva allo Stretto, a parte l’assessore comunale Patrizia Panarello, intervenuta solo in via incidentale per dibattere sulla solita isola pedonale, e la presidente del Consiglio comunale, Emilia Barrile – forse l’unica a capire in qualche misura la gravità dei fatti – nessun esponente delle istituzioni ha speso una sola parola. Né un consigliere di quartiere, né un parlamentare. Né tanto meno l’uomo della pace. Colui che va a parlare di corda in casa dell’impiccato. Che ogni anno aspetta il 4 novembre per predicare lo smantellamento delle forze armate. Proprio nel giorno in cui si celebra il sacrificio dei soldati che quasi 100 anni fa hanno creato le condizioni per cui lui oggi possa indossare la fascia tricolore.

Sarà che certe idee gli vengono solo in una determinata data, fatto sta che il suo silenzio in proposito è, come vorrebbe certa retorica, assordante. Del resto, come fa a preoccuparsi di una città che cade a pezzi o di ignoti, almeno finora, criminali che piazzano bombe nelle scuole elementari, se è impegnato a Roma per il Summit mondiale dei Premi Nobel per la Pace? Lo afferma proprio una nota di palazzo Zanca, secondo la quale Renato Accorinti seguirà Ignazio Marino “fianco a fianco in tutti i lavori del summit come ospite d’onore, da oggi, venerdì 12, sino a domenica 14”. Ignazio Marino, sì, proprio quello che ha tutte la carte in regola per vedersi commissariare il Comune a causa del noto scandalo di Mafia Capitale.

La domanda finale, inevitabilmente, è se questa città sempre più misera che risponde al nome di Messina si sia davvero resa conto di cosa sia accaduto due giorni fa in quella seconda elementare dell’istituto Mazzini – Gallo. Soprattutto, cosa faranno, o non faranno, le autorità qualora scovassero il responsabile. In fondo, non è morto nessuno. Che pena volete che infliggano all’autore, ammesso che lo identifichino? Le sliding doors, le porte girevoli del destino, esistono solo per chi ha lo spessore umano e civile di vederle. Di cercarle, queste benedette controprove. E, a queste latitudini, l’unico principio che vige è quello dell’inconsistenza a tutti i costi.

Se son rose… esploderanno. (@FabioBonasera)

 

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