Addio ad un’icona senza tempo: Don Minico si spegne all’età di 94 anni

Un nonno, un padre, un simbolo, un frammento importantissimo della storia messinese, ma soprattutto uno dei pochi residui tangibili di qualcosa che, in una città depauperata da tutto e tutti, potesse ancora suonare come “tradizione”.

Sì perché lui, Don Minico, la tradizione l’ha creata e incarnata. A 94 anni una delle icone incontrastate della messinesità si spegne lasciando a chiunque lo abbia incontrato, conosciuto, vissuto, un vuoto dentro come se si fosse persa una persona vicina; come se ad andar via fosse stato un pezzo della nostra identità. E così è, infatti.

Lascia in eredità una storia, mille storie, quelle raccontate nei decenni di attività, quelle tramandate prima da lui e poi da figli e nipoti che, come antichi aedi, hanno sempre intrattenuto ospiti locali e stranieri con il racconto di come tutto iniziò su quei colli che erano strade di passaggio ai tempi in cui l’autostrada era ancora solo un miraggio. E così veniva fuori la vicenda di questo giovane garzone che faceva su e giù dalle montagne, per portare il pane da Gesso a Messina, che piovesse, nevicasse o ci fosse il sole, in estate, primavera e inverno; e poi l’inizio dell’avventura da proprietario di un carrettino di bibite che in futuro sarebbe diventato il ritrovo delle “quattro strade”, di quel crocevia in cui ad incontrarsi non sono solo percorsi stradali ma enogastronomia, genuinità, esperienze e folklore. Un luogo dal quale tutti sono passati e hanno lasciato un ricordo, un pezzetto di cuore. Un posto che non si dimentica, una location in cui tutto sembra fermo, il tempo prima di tutto; dove tutto profuma di pane casereccio e gusti piccanti e ottimi, di simpatia e cordialità, di vita e di famiglia soprattutto. Quella famiglia a cui va tutto il cordoglio della nostra redazione per la perdita di quel meraviglioso giovane che è stato Don Minico: un eterno ragazzo al quale era impossibile non voler bene e al quale, per mille ragioni, la nostra città tutta deve un immenso “grazie”! Perché ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, è stato così “malato” d’aver bisogno di recarsi presso la sua “casa di cura” e, in futuro, sarà ancora così perchè il suo panino alla disgraziata sarà sempre lì, goloso e pieno di quella storia e quella genuinità in grado di “guarire” anche il palato più esigente e l’animo più bisognoso!

@EleonoraUrzì

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