Antimafia e giornalismo: riaperto il caso Rostagno

Il processo per il delitto del giornalista e sociologo Mauro Rostagno verrà riaperto. Lo ha deciso la Corte di Assise di Appello di Palermo. In primo grado il dibattimento si concluse con la condanna all’ergastolo per i due imputati, Vincenzo Virga  e Vito Mazzara. Parte saliente della sentenza è stato l’esito della perizia del Dna sui resti del fucile trovato sulla scena del delitto che risale al 26 ottobre 1988. I periti trovarono tracce Dna perfettamente compatibili con quelle dell’imputato Mazzara, riconosciuto quindi esecutore dell’omicidio, ma non solo: furono trovate anche altre tracce di Dna attribuibili a parenti dello stesso imputato Mazzara. Le difese di Virga e Mazzara hanno contestato nei loro motivi di appello l’esito della perizia del Dna. La Corte d’Assise di Appello ha deciso di accogliere la richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale relativamente solo alla perizia del Dna. Non ci saranno però nuovi periti.

In aula, il prossimo 13 febbraio, torneranno i periti protagonisti del primo grado di giudizio e che erano stati incaricati dalla Corte di Assise e cioè i professori Crarra e Presciuttini e la dott. De Simone del gabinetto di polizia scientifica. I periti dovranno rispondere alle contestazioni contenute nelle richieste di appello delle difese dei due imputati, conclamati mafiosi della provincia di Trapani. Un processo che avrebbe dovuto avere anche come altro imputato il patriarca del Belice, don Ciccio Messina Denaro, ma è morto il 30 novembre del 1998, e appena pochi giorni addietro il Giornale di Sicilia è tornato a pubblicare il necrologio a ricordo del “padrino” da parte dei familiari del boss (quindi latitante Matteo Messina Denaro compreso). I pentiti sentiti nel processo di primo grado per il delitto Rostagno hanno indicato in Francesco Messina Denaro come colui il quale diede l’ordine di uccidere Rostagno e lo fece passeggiando tra gli agrumi di una sua tenuta di Castelvetrano.

Per i suoi interventi dalla tv privata Rtc di Trapani i mafiosi ritenevano “Rostagno una camurria” e pronunciando questa frase don Ciccio diede l’ordine di ucciderlo. Ad agire fu la cosca di Trapani capeggiata da Vincenzo Virga, killer Vito Mazzara, sicario di fiducia della “famiglia”, un campione di tiro a volo sempre pronto ad entrare in azione e in qualche caso ad accompagnarlo fu anche l’attuale super ricercato Matteo Messina Denaro, e nel delitto Rostagno si intravede l’ombra dell’odierno numero uno della mafia trapanese, forse a Lenzi quella sera del 26 settembre 1988 c’era anche lui, a garantire che l’ordine di morte impartito dal padre venisse eseguito.

Nel processo sono costituiti come parti civili oltre che i familairi di Rostagno, anche l’ordine dei giornalisti di Sicilia, l’Associazione Siciliana della Stampa, l’associazione Libera e alcuni enti locali. L’accusa è affidata al pg Nico Gozzo, gli imputati condannati in primo grado sono difesi dagli avvocati Vito e Salvatore Galluffo (Mazzara), Giuseppe Ingrassia e Stefano Vezzadini (Virga). In primo grado la difesa del killer di mafia Mazzara chiamò come proprio consulente l’ex comandante dei Ris , l’ex generale dei Carabinieri Luciano Garofano.

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