PalaGiustiziabis, restano i segreti di Stato e militare

di Gianfranco Pensavalli – Da una parte lo stato (minuscolo, prego) corrotto e corruttore e dell’altra Accorinti e uno strambissimo concetto di legalità e trasparenza…Ecco così il protocollo d’intesa per il PalaGiustiziabis e il DMML.  Quattro firme in calce: Gioacchino Alfano per il Ministero della Difesa, Gioacchino Natoli da Patti per il Ministero della Giustizia, Roberto Reggi per l’Agenzia del Demanio e Renato Accorinti per il Comune di Messina. E sette pagine che nominano la Caserma Scagliosi e l’area definita come Comprensorio Magazzini Gazzi.

Protocollo che ha durata 4 anni e disposizioni che resteranno comunque secretate per altri cinque. Che dice il Protocollo? Ehmmm. Restano il segreto di Stato e militare, come imposto il 3 marzo 2016 dal generale Antonio Caporotundo.

Il burocratese è meno facile da leggere. Articolo numero sei: clausola di riservatezza. Tutte le informazioni comunicate tra le parti, ovvero acquisite nel corso dell’espletamento delle attività oggetto del Protocollo ed identificate come confidenziali, saranno ritenute strettamente riservate e saranno utilizzate unicamente per gli scopi del Protocollo.

Le parti concordano che non riveleranno a nessuno o non faranno annunci pubblici relativamente alla loro collaborazione ovvero all’oggetto del Protocollo, senza aver prima acquisito il consenso degli altri soggetti sottoscritto.

Insomma, faranno quel che riterranno più utile e la trasparenza “va a puttane”.

Oggi nessun ministro e parterre che ha subito defezioni pesantissime: dal prefetto al comandante del Culqualber. Solo la Marina, che è parte in causa per via dell’ex magazzino di via Bonino, già amiantato, ha spedito un contrammiraglio, ma non il comandante De Felice. E con zero greche, assente persino il comandante della Brigata Aosta.

Il cronista ha chiesto all’ex presidente della Corte d’appello di Palermo Natoli se sapesse del contenzioso civile davanti al giudice Latorre per la mancata esecuzione della sentenza del CGA sul PalaGiustizia bis e dell’attività d’indagine del Gico. “No, non so davvero nulla”, è stata la sua replica. Ne ha poi parlato con Accorinti indicando chi verga queste note.

Tempi di esecuzione? Da tre a cinque anni, parola di Reggi.

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