L’antipolitica da Giannini a Grillo

di Giuseppe Loteta – L’Italia non é ancora del tutto liberata quando, nel 1944, nasce a Napoli un giornale, “L’Uomo Qualunque”, e qualche tempo dopo, un partito dallo stesso nome.
Fondatore dell’uno e dell’altro è un signore di mezza età con il monocolo incastrato all’occhio destro. Si chiama Guglielmo Giannini, giornalista, scenografo, regista, commediografo. Simbolo del suo movimento è un torchio che schiaccia un poveruomo, l’uomo qualunque. Il torchio, nella rappresentazione di Giannini, è la classe politica che opprime l’italiano medio. Nasce l’antipolitica. Giannini è il primo qualunquista della storia d’Italia.
Conquista 30 deputati alle elezioni dell’assemblea costituente nel 1946, meno della metà nelle politiche del 1948. Nelle elezioni del 1953 non compare: è già sciolto da un anno.
Pierre Poujade é un piccolo commerciante di Saint-Cèrè, un paesino al centro della Francia. Nel 1953 fonda un partito per la difesa dei “piccoli cittadini” dal fisco e dallo “Stato vampiro”. Nelle elezioni per l’Assemblea nazionale del 1956 il movimento di Poujade conquista 52 deputati, ma scompare due anni dopo.
Perché è breve l’apparizione di Giannini e del suo omologo francese nella scena politica dei due paesi? In Francia, perché nel 1958 De Gaulle sbaraglia le debolezze e le inettitudini del passato regime, modifica la costituzione e crea con pugno di ferro la quinta repubblica. I tempi sono cambiati. I francesi non s’illudono più di migliorare le loro condizioni di vita con il “qualunquismo” di Poujade. In Italia, perché nei primi anni Cinquanta si è consolidata una democrazia parlamentare che colma il vuoto della protesta antipolitica fine a se stessa.

Nel nostro paese, nel 2009, Grillo e Casaleggio hanno creato un movimento politico, i Cinque Stelle, che ha molte affinità con quelli di Giannini e di Pouchade. Uguale l’avversione verso tutti i partiti politici, uguale la strumentalizzazione del malcontento popolare, con l’aggiunta di una avveniristica democrazia tecnologia, destinata a soppiantare la democrazia parlamentare.
Anche i Cinque Stelle riscuotono un successo elettorale. Nelle votazioni del 2013 ottengono 108 deputati e 54 senatori. Ma, ad otto anni dalla nascita il M5S non soltanto non è scomparso, ma è diventato il partito più votato d’Italia, in corsa per il governo del paese. Vediamo perché. Da noi non ci sono i De Gaulle e i Mitterrand. Sono lontani i tempi di De Gasperi, Nenni, Togliatti, e i successivi di Craxi, De Mita e Berlinguer.
Non ci sono più i partiti che hanno arginato e poi eliminato il movimento di Giannini dalla vita politica. Quei partiti avevano alle spalle solide basi ideologiche, creavano la partecipazione popolare e la selezione delle classi dirigenti con le loro sezioni, i loro congressi, le loro scuole di apprendistato politico.
Soppiantati, dopo tangentopoli, da partiti soltanto di nome che sono in realtà movimenti leaderistici con funzione di comitato elettorale. La democrazia parlamentare, senza partiti, è una finzione.
E in questa situazione, il malcontento, le proteste, la rabbia popolare, spesso giustificate, sono solido terreno di coltura di Grillo e dei pantastellati.
Può destare meraviglia che questo movimento sia diventato la più consistente forza politica italiana?

 

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