Operazione antimafia Beta: le rivelazioni del pentito Biagio Grasso sul “gruppo” che ha governato Messina

“Il gruppo è composto da avvocati, consulenti, collegamenti con forze politiche e criminalità, in particolare con i Santapaola-Ercolano di Catania[…]mi riferisco a Romeo Vincenzo, figlio di Francesco, quest’ultimo punto di riferimento del gruppo coadiuvato dai fratelli”: l’imprenditore milazzese Biagio Grasso è un fiume in piena.

Mesi dopo l’arresto a seguito dell’operazione Beta ha deciso di collaborare, facendo nomi e cognomi, spiegando prima all’allora procuratore aggiunto Sebastiano Ardita (adesso a Catania) e poi al procuratore Maurizio De Lucia, i legami e il modus operandi degli indagati eccellenti, a partire da quei soprannomi usati per evitare di pronunciare quei nomi al telefono.

“Compasso era riferito all’ingegnere Cucinotta; baffo era soprannominato Carlo Borrella; giraffa era l’avvocato Lo Castro per la conformazione del collo; boccone era l’architetto La Spina, poichè diceva sempre che era impegnato per mangiare un boccone”. 

Il faldone dei verbali  è stato in parte depositato a seguito della chiusura dell’inchiesta, e preannuncia nuovi sviluppi e altri indagati coinvolti nel grumo di potere mafioso-economico-politico che per anni ha gestito la città di Messina. Un metodo nuovo per lo Stretto, ma che all’epoca il procuratore Sebastiano Ardita riconobbe: quel tratto “santapaoliano” per cui non vengono poste in essere delle estorsioni in senso tradizionale, piuttosto si preferisce infiltrarsi attraverso attività lecite, nelle quali ripulire il denaro proveniente da affari illeciti.

E a proposito di affari, è sempre Biagio Grasso a mettere a fuoco alcuni casi emblematici, come quello che coinvolge l’ex calciatore del Messina Storari: ” …so che il Galli [Massimo, fratello del boss Luigi] era soggetto di collegamento tra il Di Stefano Rosario e Zimbaro, proprietario dell’omonima rosticceria, nonchè suocero dello Storari. Questi ultimi avevano interesse ad investire del denaro in operazioni immobiliari riconducibili allo stesso Di Stefano. Una di queste operazioni riguardava un immobile successivamente affittato ad Alcoot, nei pressi del Bar Casaramona, in cui i lavori dovevano essere realizzati dal Di Stefano ma i capitali erano di Zimbaro o Storari. Il Galli aveva un ruolo di guardaspalle del Di Stefano, che era sottoposto ad usura da vari personaggi della criminalità organizzata messinese tra cui i fratelli Trovato (clan Mangialupi, ndr).

La “zona grigia” di cui parla Biagio Romeo svela l’intreccio tra avvocati tipo Andrea Lo Castro, imprenditori collusi, gente come l’architetto La Spina, l’ingegnere Cucinotta o il faccendiere Borella (Demoter, per intenderci, ndr). Fino al ” segnalatore” in Procura che verificava la posizione di quel Romeo, che è il collettore di interessi mafiosi con i Santapaola e la loro forza intimidatrice.

Adesso la Direzione Distrettuale Antimafia dovrà verificare quanto messo nero su bianco dal collaboratore, che ha parlato anche dell’operazione edilizia sul Torrente Trapani: una speculazione attraverso “prestanome” che sarebbe passata con la complicità di pubblici amministratori all’interno del Comune di Messina, di cui al momento non trapelano nomi.

L’atto di chiusura delle indagini dell’operazione Beta è stato siglato dai sostituti Liliana Todaro, Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti. (Pal.Ma)

 

 

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