L’ultimo saluto a Fifì e Rani

di Marina Pagliaro – C’erano due palloncini bianchi su un albero, che non sono voluti volare via insieme a tutti gli altri lanciati dai presenti all’uscita principale della scuola Ignatianum, nella cui Chiesa oggi si è bloccato il cuore di tutta la città, chiusa nel silenzio più cupo di una giornata vicina all’estate, davanti a due bare bianche: quella di Fifì e quella di Rani. Dalla notte del 15 giugno, quando la tragedia si è abbattuta sulle giornate e sui minuti di ciascuno, sembra non esser passato nemmeno un attimo, ma è come se si consumi un unico eterno momento di sconforto e di incredulità in cui non c’è pace o cambiamento nella sua costante carica di dolore.

 Dolore che accompagna e che accomuna tutti i ricordi dei compagnetti di Fifì, l’eroe indiscusso che si è opposto alla morte restituendo a tutti il valore e il senso della vita. Ognuno degli amici ha voluto esprimere al termine della giornata più triste a cui non erano pronti a partecipare, che non avrebbero dovuto mai pensare di poter vivere o comprendere, chi erano Fifì e Rani, regalando di loro l’immagine pura e bella che solo i bambini riescono davvero a raccontare in tutta la spontaneità e verità. “Eravate sempre eleganti e gentili, generosi e divertenti. Buoni, d’altri tempi. Due caratteri diversi. Certo, Fifì più espansivo, Rani di meno. Vi facevate volere bene. Vorrei che fosse un incubo – dicono tutti, ognuno a suo modo – Vorrei svegliarmi accanto a te Fifì domani e sapere che è tutta una finta. Facciamo un patto: noi non ci dimentichiamo di voi e voi non vi dimenticate di noi perché questo non accadrà mai. Ci mancate, non doveva accadere”.

A richiamare tutti al confronto con la propria fragilità e, al tempo stesso, al superamento del dolore, è il Vescovo Mons. Giovanni Accolla con la sua omelia, in cui si è fatto portavoce di un flebile alone di speranza che oggi non si poteva certamente respirare né in Chiesa né davanti ai maxischermo allestiti nella scuola e a Piazza Duomo per consentire a tutta la città di seguire il rito funebre. “È difficile poter rivolgere la parola in un giorno come questo perché è umanamente difficile accettare la tragicità per una famiglia e per tutte le persone – ha detto Mons. Accolla – Come capire il significato della vita davanti a un evento così tragico? Ogni dramma ci unisce al Signore e questa tragedia deve diventare per noi motivo di pensare che siamo nelle mani del Signore, non dell’economia, della politica o delle istituzioni: loro cuore non ne hanno, il cuore è nelle persone”.

Un discorso che non vuole consolare né essere di circostanza, ma che diventa sforzo di umana comprensione verso quanto accaduto, insegnando a essere Uomini autentici. “Dobbiamo relativizzare le nostre preoccupazioni. Quando pensiamo alla nostra grandezza siamo soltanto mitomani. – ha continuato – Francesco è andato incontro alla morte per salvare suo fratello: volete che le porte del Paradiso per lui non si siano spalancate?”. E rivolgendosi, allora, a quei genitori la cui condanna è stata quell’innaturale esperienza di sopravvivere ai figli, ha detto: “Spero che il vostro dolore si trasformi e che i vostri figli diventino anche per voi testimonianza del Signore. So che non comprendete quello che vi è accaduto, né queste parole potranno lenire il vostro dolore. Ma i vostri figli sono la testimonianza dell’Amore: avreste mai pensato che i vostri bambini sarebbero stati la voce del Signore per tutti?”. Testimonianza che diventa fondamentale per i loro coetanei, per chi era lì a giocare con loro fino al giorno prima e adesso deve accettare l’ineluttabilità di un destino contro cui niente e nessuno può. “Ragazzi, a voi piccoli parlo – ha aggiunto Accolla – Non bruciate il vostro tempo: accettate la sfida della vita e continuate a combattere sempre. Volete essere mediocri? Volete stare seduti? Alzatevi e urlate che Gesù vi ama. Non si serve dei grandi ma degli umili, dei semplici”.

Cicatrizzare un dolore così grande avrà bisogno di tempo. Ma è già contagiosa la forza di andare avanti sotto le ali protettive di Fifì e Rani, i cui nomi erano scritti sulle magliette bianche che i presenti al funerali indossavano, uniti tutti sotto il segno di una storia di dolore e di amore al tempo stesso, che la rende unica ma che forse, proprio per la sua grandezza, riesce a essere accettata, raccontata anche nelle parole dei familiari più vicini, dei presidi della scuola “Boer Verona Trento“, dove era iscritto Fifì, e dell'”Ignatianum“, dove era iscritto Rani, dagli occhi delle loro insegnanti. Ciascuno ha voluto oggi condividere ciò che sono stati quei due “Lord d’altri tempi – come li ha definiti la prof.ssa Fortino, preside dell’Ignatianum”. Ma a far tornare con i piedi per terra sono certamente le parole della mamma e del papà. “Adorati figli miei ho sempre chiesto a Dio che qualsiasi male dovesse accaderci colpisse me e non voi o la mamma – ha detto il papà – Siete stati il dono più bello che la vita possa avermi fatto. Essere vostro padre è un onore. Ora volate fra le nuovole, come facevate nei vostri giardini e proteggete i vostri fratellini più piccoli perché un giorno ci vedremo tutti insieme e rivivremo quei momenti a cui eravamo abituati”. E sarà l’amore per i fratellini più piccoli di Fifì e Rani, quello che potrà consentire a questa famiglia di essere ancora unita nonostante tutto. “Noi siamo ancora una famiglia perché anche se voi siete in Paradiso noi siamo qua e vi sentiamo nel cuore – ha detto la mamma – Grazie alla città, grazie a chi ci ama veramente e non per circostanza. Grazie bambini miei”.

Fiori, tantissimi fiori bianchi attorno alle bare. Una foto dei due fratellini. Le magliette del calcio con i loro nomi appoggiate accanto. Tutti i compagni attorno a loro, lì, seduti senza voler andare via, a voler stare ancora tutti insieme come se Fifì e Rani fossero con loro, per condividere insieme qualche annedotto. La benedizione, voluta da Mons. Accolla prima che ciascuno parlasse ancora una volta con e di Fifì e Rani, ha aggiunto con la sacralità cristiana il saluto ai due innocenti restituiti oggi al Paradiso dopo un breve viaggio su questa Terra, ma abbastanza profondo affinché il loro segno non scompaia mai dai cuori di ogni persona ferma, oggi, fra le 10 e le 13 a dare il suo saluto, ognuno come ha potuto, ai nuovi Angeli che adesso, insieme a tutti gli altri, proteggeranno la città dello Stretto. Per il resto il vuoto in una città con le saracinesche abbassate e le bandiere a mezz’asta e in cui la scuola Boer vorrà ora intitolare il plesso a Fifì.

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