L’Aula e il “ricatto” politico: De Luca sull’orlo di una crisi di nervi o c’è altro?

di Palmira Mancuso – Il sindaco Cateno De Luca ieri ha scoperto che a Palazzo Zanca esiste un consiglio comunale. Di più: ha scoperto che deve imparare a confrontarsi in aula, garantendo all’organo di controllo che quanto nato dal suo indirizzo politico sia praticabile in termini concreti. In questo caso che nessuno voglia le baracche è tema antico e ampiamente condiviso. Ma di certo le minacce di dimissioni da parte del Sindaco mostrano una debolezza che non può passare inosservata: è quella di chi non conosce altro atteggiamento che il ricatto (in termini politici s’intende), esercitato per fare pressione e suscitare nella pubblica opinione l’idea di essere vittima di un sistema che non vuole cambiare. Insomma o con me o contro di me (che in politica non ha mai prodotto nulla di buono) ma che trova nel modello salviniano una facile relazione, aprendo scenari fantapolitici in cui da Messina (nuovamente alle urne) salterebbe fuori un consenso leghista in una città del sud, la più vicina alla sponda calabra tanto cara al ministro dell’interno.

Insomma quello di ieri potrebbe  sembrare un pretesto per scaricare le responsabilità politiche sugli altri, ma non crediamo che lo stratega De Luca faccia nulla per caso: mettere spalle al muro il consiglio, pretendendo che dia il via alla creazione dell’agenzia per il risanamento, senza le necessarie garanzie economiche, con la regione di fatto assente e con solo il sostegno dell’area forzista vicino a Miccichè, potrebbe celare qualcos’altro.

Non si può codificare sempre tutto con la  trappola del ricatto emotivo, o semplicemente fermandosi a interrogarci sulle urla di un sindaco – sceriffo che perde il controllo ogni qual volta si cerca una strada che sia quella dell’equilibrio tra vari punti di vista. L’Aula ha fatto bene a rispondere che non si può tenere sotto pressione i consiglieri, i dipendenti, i dirigenti: non è questo il metodo adatto alla gestione amministrativa di una realtà così complessa come quella messinese.

Ma appunto perchè la realtà è complessa, ci chiediamo se questo ultimatum non sia un passo dentro una più vasta strategia di consenso delle forze reazionarie che, Lega in testa e sovranisti in coda, stringono alleanze più o meno occulte. E Messina sarebbe una carta perfetta da giocare prima ancora delle Europee, considerando i legami con la vicina Calabria a piene mani integrata negli equilibri politico-economici della città.

De Luca, insomma, ha aperto mille fronti, creando malcontento nei fatti (vedi i problemi con le corse degli autobus, con le scuole che hanno dovuto rinviare gli esami di riparazione, con il teatro rimasto nei fatti fermo con la programmazione, persino sfiorando le certezze dell’ateneo ) ma suscitando l’idea dell’uomo solo contro un sistema, quello dello Stretto, che conosce molto bene ma che ancora non lo ha accettato, essendo per certi versi “un provinciale”.

E dopo i tanti polveroni sollevati adesso vorrebbe lanciare la palla al consiglio, che secondo una strategia ampiamente chiara e un pò obsoleta, vuole mettere spalle al muro facendo leva sull’attaccamento alle poltrone. Questo perchè in ogni caso De Luca ne ha due, e visto l’avvicinarsi del tempo in cui dovrà scegliere, magari ha soltanto già scelto il modo per andarsene con i fuochi d’artificio facendo un regalino a quello che, per modi, temperamento, e populismo, sarebbe il futuro naturale alleato.

 

 

 

 

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