Nanni Moretti a Messina con “Santiago, Italia”: i tempi del golpe cileno e dell’Italia accogliente in un viaggio di sola andata

Di Clarissa Comunale – Un numerosissimo e caloroso pubblico ha accolto Nanni Moretti all’Auditorium Fasola di Messina in occasione della presentazione e proiezione del suo ultimo lavoro, Santiago, Italia.
Nessun cellulare a fare da schermo, ma solo la voce e la presenza di Moretti, che non ha ammesso alcun dibattito finale, il quale ha voluto riportare i valori di accoglienza e di compassione che l’Italia ha espresso nei confronti della popolazione cilena tradita negli anni ’70 dal colpo di stato che ha messo allo scacco il sogno socialista di Salvador Allende. “È una storia dimenticata — dichiara Nanni Moretti – di cui l’Italia deve andare orgogliosa in quegli stessi anni in cui io stavo vivendo i miei vent’anni. Salvador Allende costituisce un esperimento democratico originale per quell’epoca. Ho scelto di stare dietro la macchina da presa come un osservatore che ascolta il racconto dei testimoni diretti, di chi ha vissuto in prima persona quegli anni”.

Santiago, Italia si svolge su tre assi. In prima battuta il racconto dei fatti storici avvenuti in Cile dal 1970 all’ 11 settembre 1973, gli anni in cui la “sinistra unita”, sostenuta anche dai grandi intellettuali, come il poeta Pablo Neruda, trova in Salvador Allende l’emblema del socialismo umanista e democratico, un convoglio in cui riunire l’ideologia marxista-leninista con l’area democristiana e socialista, un momento descritto dai testimoni di Moretti (registi, giornalisti, scrittori, operai, imprenditori) quale di grande festa e condivisione nella comunità pubblica, un momento che, contemporaneamente, però, disturbava l’ala di destra che, dopo i tentativi di ostruzionismo politico, sociale e commerciale, sferrarono il colpo al sogno cileno con il golpe dell’11 settembre del 1973, messo in atto dalle forze militari. Da quel momento “sbalordimento e paura” aprono un secondo sentiero del racconto dei fatti cileni degli anni ’70, quelli più bui, del terrorismo e della tortura. Agghiacciante quel silenzio descritto dai testimoni tra la folla che procedeva per le strade, ancor di più la morte dello stesso Allende (suicidio o omicidio ancora si chiedono) presagio della fine di un’epoca. Infine, lo Stadio, campo di concentramento a cielo aperto, un non-luogo di disumanità, un parco di divertimento per incoscienti. Nelle interviste ai “malos”, ovvero ai militari rei dei peggiori reati, non solo la minimizzazione dei loro gesti, ma anche la negazione del danno, del male che, quasi rigettato dalla loro coscienza, è debellato, inesistente, incompreso. “Io non sono imparziale” dichiara lo stesso Moretti davanti alle contestazioni di un milite negazionista; altri, invece, cadono addirittura in netta contraddizione con se stessi. La paura e la fame imponevano per i “rossi” cileni la fuga, unica sola arma di difesa e sopravvivenza. È in quest’ultima parte, infatti, che compare l’Italia che, attraverso l’ambasciata, divenne riparo, custodia, cura, comunità, speranza. Quell’Italia, così lontana e sconosciuta, offriva una nuova vita. Quell’Italia viveva gli anni d’oro della crescita economica e della pax politica, un paese che riuscì non solo ad accogliere i rifugiati cileni, ma anche ad integrarli offrendo loro un lavoro commisurato alle abilità e competenze di ciascuno. In Santiago, Italia Nanni Moretti offre uno spunto di riflessione su quello che oggi è diventata l’Italia: un paese confuso, incapace, disadattato, chiuso in se stesso, individualista. La questione, dunque, è solo umanitaria? No, Moretti ci riporta soprattutto a quella politica che condiziona fortemente quella umanitaria e ne detta ogni giorno le leggi.
“Siamo cileni ed italiani – commenta un testimone – abbiamo due identità. Il Cile è stato un patrigno, mentre l’Italia è stata una madre”. “Oggi l’Italia assomiglia sempre di più all’immagine peggiore del Cile” conclude un altro.

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