Teatro dei 3 Mestieri: “La Tigre”, ontologia comprensiva delle relazioni

Di Clarissa Comunale – È un testo del 1963 di Murray Schisgal, La Tigre, diretto da Piermarco Venditti con Ornella Cerro, a chiudere la densa e fitta stagione del Teatro dei 3 Mestieri. Uno spettacolo che viene proposto per la prima volta in Italia, tratto dall’autore meglio conosciuto per aver ricevuto la nomination all’oscar come migliore sceneggiatura per il capolavoro Tootsie.

La messa in scena ripropone la confusione della casa di Ben, un porta lettere di 32 anni, che rapisce Gloria Fiske, donna attraente e sposata.
Ben è l’esatta immagine dell’uomo primitivo, che intende soddisfare unicamente i suoi istinti e che segue l’appagamento egoistico dei suoi soli desideri. Il suo potere, che in realtà si rivela sterile e vuoto, è racchiuso nella sua superiorità fisica che si esplica nello stringere e rompere una serie a caso di matite colorate.
Nella presentazione della “tigre” selvaggia, che è Ben, appare l’ontologia comprensiva di colui che ama solo se stesso e che si impone con violenza su Gloria. Il racconto, che evoca una tensione da “Belle e la Bestia”, è volto a non solo ribaltare i due ruoli, con un finale positivo, ma anche a denunciare uno status quo sociale: l’appiattimento culturale. Il concetto di essere, sganciato dall’esistenza autentica, è diventato sinonimo di possesso pieno del proprio corpo, pronto e disponibile alla perenne esibizione ed esposizione. Il conformismo, che ha favorito anche la perdita dell’istinto, sembrerebbe il monito di una disumanizzazione ancora in atto, fruibile in tutti i campi, a cominciare dalla formazione scolastica e universitaria.
La fiducia di Gloria per il suo rapitore, però, avrà la meglio e si rivelerà nettamente positiva, tanto da divenire, tra i due, la vera “tigre” nel rapporto: la forza nell’animo.

LA TIGRE
con Ornella Cerro e Piermarco Venditti
Produzione Hyntegra Ac
Regia Piermarco Venditti

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