La proposta: un patto civico per Messina

di Michele Bisignano – La nuova fase preannunciata dal Sindaco di Messina è stata avviata nel modo più improvvido e contraddittorio. Difatti questo nuovo inizio è stato significato da: premialita’ per spioni, delatori ed invidiosi, liste di proscrizione e gogne mediatiche per i tanti cittadini che trovandosi in difficoltà economiche non riescono a far fronte a tutte le spese familiari, intimidazioni ed istigazione alla violenza contro i deboli e gli “scartati”. Tutto ciò seguito da un tentativo maldestro di proporre confronti, che probabilmente si trasformerebbero in scontri, per portare gli eventuali interlocutori su un terreno a lui congeniale, fatto di aggressioni verbali, di attacchi personali e di demonizzazioni, per il godimento dei suoi tanti seguaci “pancisti”.
Ma, a prescindere da questa premessa, una fase nuova, per avere un minimo di credibilità, dovrebbe partire dalla presa di coscienza del periodo di crisi gravissima che sta vivendo la città di Messina.
Una crisi che non è un argomento strumentale utilizzato da chi non condivide la gestione politica ed amministrativa di questo Sindaco, ma che è un fatto pregnante esposto in maniera cruda dai dati ufficiali forniti dagli stessi uffici comunali e da altri indicatori economici. Dati che fotografano la realtà di una città in cui quasi il quaranta per cento della popolazione si trova ai limiti della soglia di povertà e nelle condizioni di povertà stessa, in cui un terzo dei cittadini vive con ottocento euro al mese, in cui c’è il più alto tasso di disoccupazione della Sicilia, in cui ogni anno migliaia di giovani messinesi divenuti “migranti” vanno via per motivi di studio o in cerca di lavoro, in cui vi sono settori, un tempo trainanti, che stanno attraversando una crisi che sta divenendo irreversibile.
Ma di tutto ciò e della necessità di affrontare tale crisi come “comunità” e non come “parte” non c’è stata traccia né nelle lunghe prolusioni comiziali, né nella relazione annuale, né, tantomeno, nella ultima apparizione televisiva del Sindaco, fatta con il rosario in mano (atteggiamento che ormai è diventato un must dei vari demagoghi) e l’aureola sul capo.
E se non c’è la consapevolezza della realtà, come si può pensare di individuare concreti meccanismi di sviluppo che siano diversi da quelle promesse (già in parte disattese) ed elencate nel mega galattico programma elettorale presentato un anno e qualche mese fa? I rimedi si possono ricercare ed approntare solo se si ha piena consapevolezza del male e dei mali di una città che ha visto l’aggravarsi di un degrado non solo sul piano economico e sociale, ma anche su quello culturale e morale e sul piano delle relazioni interpersonali, altrimenti qualsiasi rimedio rischia di diventare un palliativo.
Alla luce soprattutto della diffusione di un “modus vivendi” in cui vanno prevalendo sempre più aspetti negativi quali l’odio sociale diffuso a tutti i livelli sui social, la cattiveria gratuita, la prepotenza, l’arroganza, la legge del gruppo e spesso del “branco”, correlati a fenomeni di devianza sociale quali il consumo di alcool e droga, soprattutto fra le fasce giovanili.
Una città che sta perdendo la propria anima e la sua identità nell’indifferenza di tanti. Certo è una condizione che si coglie ormai da tempo e che si respira nell’aria, ma che forse non può essere avvertita appieno da chi vive a Messina, e “vive Messina” solo da un paio di anni, essendo stato impegnato prima nella gestione di altre realtà comunali nelle quali identificarsi, e che sta vivendo, adesso, questa nuova esperienza politico-amministrativa come una fase interlocutoria, e come un trampolino per traguardi personali più ambiziosi. Ma non si può non mettere in evidenza come proprio con questa attuale gestione amministrativa la città tenda ad esaltare ancora di più la propria autoreferenzialita’ improduttiva, e tenda a celebrare un suo codice identitario presunto, utilizzando modelli e canoni che la isolano, scollegandola da ogni rapporto di sistema con le altre realtà territoriali.
E quello che viene proposto in tutte le salse è l’idea di una realtà da “strapaese” incartata su sé stessa, ed un “modo di essere” caratterizzato da un populismo a buon mercato correlato ad una concezione privatistica e vessatoria della gestione della cosa pubblica, e che privilegia il potenziamento degli interessi privati nei vari settori fra i quali anche quelli dei servizi pubblici, che, avendo una forte valenza sociale, dovrebbero rimanere sotto gestione pubblica.
Di fronte a tale situazione di degrado si avverte l’esigenza di una nuova fase, alla quale dovrebbero concorrere tutte quelle forze e quelle realtà politiche e non, fra cui anche quelle forme di civismo politico che possono essere più facilmente interlocutori dei tantissimi cittadini che non vanno più a votare, che non condividono la gestione politico-amministrativa di questa amministrazione comunale, e che per ora agiscono in maniera disarticolata ed episodica. Per individuare non solo un fronte di opposizione sia in Consiglio Comunale che nella società civile, ma che sulla base di un “progetto per una città che non ha un progetto” e di comuni sensibilità valoriali, pensino ad una alternativa credibile sul piano politico e programmatico, superando tatticismi ed opportunismi di piccolo sabotaggio.

Cominciando già a ragionare ed a confrontarsi fin da ora sulla possibilità di mettere in campo un “Patto Civico per Messina”, che non sia solo uno schieramento di liste varie, ma un metodo nuovo che porti ad una proposta di idea di città, senza l’egemonia dei soggetti politici e delle logiche di appartenenza.
Un patto che abbia come netta discriminante alcuni punti irrinunciabili, quali la tutela del “bene comune” e “l’etica della responsabilità”.

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