Sanità, in subbuglio il Policlinico di Messina per irregolarità sulle nomine: il caso diventa nazionale

Le anomalie che da qualche anno investono la vita amministrativa del Policlinico di Messina hanno raggiunto la stampa nazionale, diventando “un caso”. A dare ampio spazio Business Insider Italia che oggi ha pubblicato un’inchiesta firmata da Giuseppe Oddo e che promette di essere solo il primo di una serie di capitoli “a tema”.

“Dalla città dello Stretto  – si legge sul sito – sono partiti esposti molto circostanziati e richieste di accesso ad atti pubblici all’indirizzo non solo della Procura della Repubblica ma anche delle istituzioni: il rettorato dell’università, la presidenza della Regione siciliana, la presidenza della Commissione antimafia regionale, la Procura regionale della Corte dei conti, la presidenza dell’Autorità nazionale anticorruzione, le presidenze di varie commissioni della Camera dei deputati, il ministero della Salute, quello dell’Università, e per ora ci fermiamo qui.

Dalla pila di documenti che Business Insider Italia ha consultato emergono anomalie e presunte irregolarità amministrative su cui Carabinieri e Guardia di Finanza sono al lavoro da tempo. Sono documenti che chiunque può liberamente consultare, pubblicati sul sito della Fgu Gilda di Messina (dipartimento università), il sindacato che attraverso il suo coordinatore locale, Paolo Todaro, ha firmato la maggior parte di questi esposti.

L’ultimo chiama in causa Antonino Levita, direttore sanitario del Policlinico: azienda con 232 milioni di valore della produzione a fine 2018, 46 milioni di disponibilità liquide, 13,5 milioni di risultato netto, quasi 2.100 dipendenti, e con 59 milioni di patrimonio netto contro 120 milioni di debiti. Levita mancherebbe dei requisiti di legge per ricoprire l’incarico. Todaro gli imputa di aver presentato un’autocertificazione non veritiera.

Per la nomina a direttore sanitario occorrono quattro requisiti: una laurea in medicina, non aver superato i 65 anni di età, cinque anni di dirigenza medica come primario di una struttura complessa e la specializzazione nell’area della sanità pubblica oppure, in alternativa, dieci anni di esperienza come direttore sanitario in altra struttura di media o grande dimensione, pubblica o privata. Levita possiede i primi due, ma mancherebbe del terzo e del quarto. Egli ha dichiarato di avere svolto funzioni di direttore sanitario nell’ex ospedale psichiatrico di Barcellona Pozzo di Gotto, trasformato in casa circondariale nel 2016, e all’Irccs Neurolesi di Messina (Istituto di ricerca e cura a carattere scientifico). Ma dalle richieste di accesso agli atti, regolarmente respinte dal Policlinico e concesse invece dalle due strutture, emerge una realtà completamente diversa.

Nel suo ultimo esposto del 23 ottobre 2019 il sindacalista scrive che Levita “non ha avuto alcun rapporto di dipendenza con il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, bensì di mera consulenza professionale”; che “il vantato incarico…come dirigente sanitario era limitato alla sostituzione del direttore sanitario soltanto nei casi di assenza”. E che l’allora commissario straordinario dell’Istituto Neurolesi, Francesco Scarfò, dove lavorava su comando del Policlinico, gli aveva attribuito la responsabilità della direzione medica di presidio non tramite formale delibera di incarico come prevede la legge, ma con un attestato di poche righe che, secondo Todaro, “non ha alcun valore giuridico”.

Se tutto ciò sarà confermato in sede amministrativa e giudiziaria, la vicenda di Levita rischia di espandersi a macchia d’olio. Potrebbe coinvolgere chi aveva l’obbligo di riscontrare la veridicità delle sue dichiarazioni, a cominciare dal direttore generale del Policlinico, Giuseppe Laganga, e dal suo capo del personale, Giuseppa Sturniolo. E potrebbe creare imbarazzo al rettore dell’università, Salvatore Cuzzocrea, essendo l’ospedale  parte integrante dell’ateneo, sia pure con una sua autonomia organizzativa, gestionale, patrimoniale e contabile.

Giuseppe Laganga, direttore generale del Policlinico di Messina. Imagoeconomica

Todaro sottolinea nello stesso esposto che, oltre a mancare dei titoli idonei a ricoprire il ruolo di direttore sanitario, “Levita era ed è dipendente a tempo indeterminato con contratto di lavoro subordinato presso l’azienda ospedaliera universitaria sin dal 2 gennaio 2001”, per 38 ore alla settimana, e contemporaneamente fino al 2016 ha prestato “servizio presso l’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona come medico incaricato a 18 ore settimanali”. Erano compatibili i due incarichi?

Ciò che dà da pensare non è solo e tanto il caso in sé quanto il silenzio delle autorità preposte, a livello sia regionale sia nazionale, nonostante giornali e siti locali abbiano sollevato la questione. Sono mesi che la Fgu Gilda di Messina (dipartimento università) continua a presentare esposti, chiedendo la revoca di Levita e la richiesta di danno erariale per i presunti omessi controlli. Finora è mancata però una risposta ufficiale alle sue denunce, anche se sembra che il sindacato abbia avuto contatti diretti con il ministro della Sanità, Roberto Speranza.

Il caso Levita è peraltro solo l’ultima di una serie di vicende poco chiare cominciate qualche anno fa con la decisione dell’allora direttore generale del Policlinico, Marco Restuccia, di demansionare dodici tra medici e biologi che erano stati distaccati negli anni Novanta dall’università al Policlinico come personale tecnico laureato, il cui trattamento economico era stato poi equiparato, tra il 2004 e il 2006, a quello di dirigente.

Dopo il suo insediamento, nel luglio 2014, Restuccia scoprì che nel Dipartimento ad attività integrata di chirurgia e oncologia diretto da Giuseppe Navarra si era verificato un grave disavanzo economico per l’elevato costo del personale. Giuseppe Navarra è fratello di Pietro Navarra, il rettore dell’epoca, eletto poi deputato nelle liste del Pd alle politiche del 2018.

Per tagliare i costi provocati dagli esuberi, Restuccia dichiarò illegittima l’equiparazione economica concessa a suo tempo a questi dirigenti, attribuendo loro una mansione inferiore che permetteva di ridurne lo stipendio del 50 per cento. Todaro era tra questi. La tesi di Restuccia fu che, pur essendo entrati all’università per concorso, gli equiparati, per avere la qualifica di dirigenti del Policlinico, avrebbero dovuto sostenere un esame ad hoc.

Motivo dello scandalo fu la parzialità del provvedimento, da cui furono esclusi, pur avendo lo stesso inquadramento, la dottoressa Giuseppina Inferrera della farmacia dell’ospedale, moglie di uno dei tre fratelli Navarra (Michele), ovvero cognata dell’allora rettore, l’avvocato Giuseppe Giordano, figlio dell’ex capo della ragioneria del Policlinico, entrato nell’ufficio legale dell’azienda senza concorso, e la Sturniolo, che per ironia della sorte era stata la responsabile del procedimento amministrativo di equiparazione.

Giordano e la Sturniolo avevano trasmesso alla direzione generale due pareri tecnici a sostegno della tesi di Restuccia, il quale, a seguito delle proteste ricevute dai demansionandi, aveva istituto due commissioni per valutare i singoli provvedimenti di equiparazione. Riferisce Todaro: “Una delle due commissioni, presieduta dall’allora direttore amministrativo Laganga, concluse che i provvedimenti di equiparazione della Sturniolo e di Giordano risultavano in contrasto con l’interpretazione giurisprudenziale che si era formata negli anni e che nel caso di Giordano, negli atti resi disponibili, non era stata reperita ulteriore documentazione che ne chiarisse l’inquadramento giuridico nel periodo in cui era assunto a tempo determinato”.

Restuccia a quel punto capì che non poteva fare eccezioni, stava per firmare il demansionamento di tutti gli equiparati, anche degli intoccabili. Ma gli calarono veti dall’alto e preferì rassegnare le dimissioni. Non prima, però, di avere inviato con un plico postale l’intera documentazione alla Procura di Messina. Todaro riferisce indiscrezioni, che giravano all’interno del Policlinico, secondo cui Restuccia in quegli stessi giorni avesse cominciato a scandagliare il sistema di forniture e appalti del Policlinico. E che, ancor più della “parentopoli” affiorata con i demansionamenti, al vertice dell’università e dell’ospedale fossero risultati sgraditi il suo zelo e la sua intraprendenza.

Il 20 giugno 2019 Laganga diventa direttore generale dopo essere stato a lungo commissario del Policlinicoe il giorno stesso delibera la nomina di Levita a direttore sanitario. A distanza di quattro mesi resta ancora scoperta la carica di direttore amministrativo dell’ospedale”.

 

 

 

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